venerdì 12 dicembre 2014

Sinodalità recidiva: “Lineamenta” per il 2015

Commento interessante ai Lineamenta sinodali.

Sinodalità recidiva: “Lineamenta” per il 2015

Premessa

Constatiamo che lo “spirito del concilio”, nei suoi aspetti più rivoluzionari, nonché il maanchismo - il terribile deleterio effetto di un’affermazione principale corretta, seguita dal o dai “ma anche”, che hanno aperto spiragli che stanno diventando voragini - risulta trasferito pari pari al Sinodo.
Abbiamo già parlato ampiamente sul blog del Sinodo conciliarista [vedi qui - qui]
Per ora mi limito al volo alle seguenti essenziali riflessioni a caldo, avendo sotto gli occhi il documento appena pubblicato: ”Lineamenta” per la XIV Assemblea Generale Ordinaria: La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo (4-25 ottobre 2015), 09.12.2014 [qui].

I punti che non sarebbero neppure dovuti entrare in discussione

Se mi soffermo per il momento su questi punti è perché le relative questioni – tra l’altro di per sé neppure da mettere in discussione – non erano state approvate e purtuttavia – per volontà del papa – essi sono stati ugualmente mantenuti nel testo reso pubblico e quindi reinseriti nel circuito della discussione, nei termini indicati nella premessa. Non solo, ma il questionario appare redatto in modo da orientare le risposte, dando per scontate premesse evidentemente pilotate secondo lamens che sta conducendo il gioco.
Dunque ci risiamo. Il Circo riparte e la girandola di sofismi e di nonsense prosegue con ostinata protervia. Se si usasse lo stesso energico impegno nel combattere gli errori e riaffermare le verità perenni, non saremmo in questa crisi assurda e sull’orlo del baratro che riguarda l’umanità tutta. Ma ciò è dovuto all’oscuramento se non al rinnegamento dell’universalità della salvezza per cui è venuto il Signore, affidandone la trasmissione alla Sua Chiesa che, invece di focalizzarsi sul suo Centro e Fondamento, esce da sé stessa nel senso deteriore del termine e si appiglia ai semina Verbi ingannevolmente tirati in ballo e sofisticamente e inappropriatamente usati, concilio o non concilio. Intanto il concilio non è il Vangelo e tra l’altro Nostra Aetate [qui] (citato tra le fonti) è un documento di secondaria rilevanza, qual è una Dichiarazione, e cioè un documento di quarto e ultimo livello, tra quelli indicati da Mons. Gherardini [qui]1: il livello delle innovazioni, che non può vantare validità infallibile e irreformabile e, conseguentemente, rende possibile il dissenso secondo fede e ragione. Una semplice Dichiarazione assurta a principio fondante di questa nuova ecclesiologia basata sull’arbitrio dei nuovi barbari porporati, che usa la prassi per oltrepassare la dottrina. Ma la dottrina e la disciplina sono le condizioni per il vero incontro con Cristo. Inoltre la pastorale poggia sulla dottrina, e dunque la prassi presuppone la retta dottrina. Il rovesciamento di questo ordine porta troppo facilmente a far sì che con una nuova realtà pastorale si sviluppi una nuova dottrina.
C’è da chiedersi, nel punto 22 sotto riportato, cosa c’entra l’apprezzamento da parte della Chiesa per il matrimonio naturale? Che di seguito diventa “realtà matrimoniale e familiare di tante culture e di persone non cristiane”. Ma a cosa serve? Queste hanno forse qualcosa da insegnare a chi ha tutto solo da accogliere e trasmettere del compimento della salvezza, che la Chiesa già custodisce (o custodiva) da due millenni, operato rivelato e consegnato dal Signore e dagli Apostoli e che Lui continua ad operare nonostante le nostre infedeltà? La stessa creazione pensata in vista di Lui (si sente qui l’eco di Gaudium et Spes, 12; 24 qui), attende la rivelazione dei figli di Dio, così come tutti i popoli che, per essere salvati, devono conoscerLo e accoglierLo.
Che si possa e si debba entrare in dialogo tra culture diverse per ragioni politiche o di civile convivenza non riguarda la sfera della fede e degli insegnamenti morali che da essa scaturiscono (e non da altre fonti: “sorgenti torbide e cisterne inquinate” per usare un linguaggio biblico). Cito dai Lineamenta:
L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme 21. Il dono reciproco costitutivo del matrimonio sacramentale è radicato nella grazia del battesimo che stabilisce l’alleanza fondamentale di ogni persona con Cristo nella Chiesa. Nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale, fedeltà e apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e di fronte alla Chiesa. Ora, nella fede è possibile assumere i beni del matrimonio come impegni meglio sostenibili mediante l’aiuto della grazia del sacramento. Dio consacra l’amore degli sposi e ne conferma l’indissolubilità, offrendo loro l’aiuto per vivere la fedeltà, l’integrazione reciproca e l’apertura alla vita. Pertanto, lo sguardo della Chiesa si volge agli sposi come al cuore della famiglia intera che volge anch’essa lo sguardo verso Gesù.22. Nella stessa prospettiva, facendo nostro l’insegnamento dell’Apostolo secondo cui tutta la creazione è stata pensata in Cristo e in vista di lui (cf. Col 1,16), il Concilio Vaticano II ha voluto esprimere apprezzamento per il matrimonio naturale e per gli elementi validi presenti nelle altre religioni (cf. Nostra Aetate, 2) e nelle culture nonostante i limiti e le insufficienze (cf. Redemptoris Missio, 55). La presenza dei semina Verbi nelle culture (cf. Ad Gentes, 11) potrebbe essere applicata, per alcuni versi, anche alla realtà matrimoniale e familiare di tante culture e di persone non cristiane. Ci sono quindi elementi validi anche in alcune forme fuori del matrimonio cristiano – comunque fondato sulla relazione stabile e vera di un uomo e una donna –, che in ogni caso riteniamo siano ad esso orientate. Con lo sguardo rivolto alla saggezza umana dei popoli e delle culture, la Chiesa riconosce anche questa famiglia come la cellula basilare necessaria e feconda della convivenza umana.

Continua la manipolazione in un Sinodo “taroccato”2?

Nel questionario - inviato in più lingue alle Conferenze Episcopali di tutto il mondo, la cui finalità secondo il card. Baldisseri è “l’approfondimento delle questioni affrontate nel dibattito, di tutte, ma soprattutto di quelle che hanno bisogno di essere discusse in modo più accurato” -, al suddetto n.22 è correlata la
domanda n. 19Il Concilio Vaticano II ha espresso l’apprezzamento per il matrimonio naturale, rinnovando una antica tradizione ecclesiale. In quale misura le pastorali diocesane sanno valorizzare anche questa sapienza dei popoli, come fondamentale per la cultura e la società comune? (cf. n. 22)
Notate l’inganno ancor più esplicito, contenuto anche dal questionario. Lo rivela la domanda riportata qui su, che dà per scontato sia l’apprezzamento per il matrimonio naturale che lavalorizzazione della sapienza dei popoli; si tratta solo di verificare il “come”... Non sarebbe bene limitarsi a ri-orientare i cristiani disorientati e formare rettamente quelli de-formati?

La carenza è nella formazione, cioè nell’insegnamento

In un recente articolo su la Bussola quotidiana [qui] vengono proposte interessanti riflessioni sulle aspettative laiche circa le aperture promosse e promesse dall’assise sinodale (almeno a quanto sembra dalle proposte più progressiste), aspettative e tendenze condivise da una larga fetta di cattolici “aperti al mondo”, dalle coscienze e dai cuori addormentati in qualche modo assuefatti a riconsiderare in senso positivo e corrispondente al “così fan tutti” quell’agire morale che si è sempre fatto e sempre si farà fatica ad osservare. Nessuno ricorda che questo non è possibile senza la grazia di Cristo veicolata dall’azione santificatrice della Sua Chiesa, preparata e accompagnata da un insegnamento che dà il senso e rende appetibili i comandi divini fondati su verità imperiture. Ecco, questo è il punto. È di questo che non si parla più.
Ad esempio, sono in molti anche i pastori a ricordare che l’indissolubilità del matrimonio deriva dal comando del Signore presente nel Vangelo - del resto correttamente affermato al n.21, pur con i “ma anche” successivi - ma non ne spezzano il pane saporoso delle ragioni che rendono il comando assimilabile dalla ragione e dal cuore e quindi tradotto nella vita anche quando costa e non poco.Si comprende e si accetta l’indissolubilità se si considera che è legata ad una fedeltà che ha la sua origine fontale nella fedeltà del Signore e Creatore alla sua creatura, pensata e voluta a Lui ordinata e dunque in dialogo continuo (questo è l’unico dialogo che conta) attraverso una relazione esclusiva, che mette il Signore al primo posto e da ciò fa discendere tutto quanto ne consegue di davvero fecondo, perché è una relazione che implica un’unione intima e profonda, fedele ed esclusiva, ‘sponsale’, appunto. Questo non riguarda solo le anime consacrate, che si sono scelte la parte migliore, ma ogni anima credente, ognuna in modo diverso a seconda delle situazioni. Si tratta di una relazione esclusiva nei confronti di Dio, perché implica il rifiuto di altri dei, che possono essere tutte le concupiscenze di cui il mondo è costante insinuatore e alle quali l’inclinazione al male, residuo del peccato originale, non rende né sordi né vaccinati. Non possiamo sottrarcene se non per mezzo della Grazia e delle scelte che essa ci consente di fare, alla fine perconnaturalità più che per senso del dovere, che può essere il punto di partenza, ma non è certo il punto di arrivo.L’esclusività riguarda innanzitutto la relazione con Dio, l’unica che allarga il cuore a dismisura rendendolo capace di accogliere la realtà dell’altro e donarsi senza aspettarsi nulla in cambio: questa è la vita vera, che solo nel Signore e nella Sua Chiesa possiamo vivere e che nessuna ONU delle religioni potrà mai rendere né possibile né accettabile.

Si parla tanto di cambiamento antropologico, tirato in ballo anche da alcuni padri sinodali:
n. 5 Il cambiamento antropologico-culturale influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato...

E sembra questo il nuovo dato fondante le nuove prassi. Ma non c’è stato nessun cambiamento antropologico. L’uomo, con i suoi bisogni e domande fondamentali, è lo stesso di sempre nella sua essenza. Ciò che è venuto a mancare è uno sguardo metafisico su Dio e sull’uomo, e questo ci impedisce di rivolgerci al vero problema. Se solo riuscissimo a vederlo avremmo già fatto un grande passo in avanti. Saremmo cioè già usciti dalla mentalità della prassi, che ahimè domina. Molto spesso a discapito del Concilio. Ma soprattutto della Chiesa. La vera crisi non è altro che la crisi della Chiesa in quanto mistero. Il vero nodo teologico è riconducibile allo smarrimento proprio del concetto metafisico di partecipazione del mistero-Chiesa. E così la teologia si riduce ad antropologia. Infatti la teologia stava già da tempo coniando un nuovo linguaggio, accantonando per lo più quello metafisico-scolastico, per fare posto a quello più moderno, che è sfociato - e ne vediamo gli esiti -, nell’adozione di una filosofia esistenzialista e fenomenica.

Riconoscimento epocale delle tendenze omofile come “diritti”

Dai punti che seguono notiamo l’incredibile spostamento di attenzione ad elementi estranei alla fede e alla dottrina anche nella successiva proposizione, mantenuta, nonostante i voti contrari, partendo da fattori marginali, “esistenziali”, rispetto al nucleo del discorso. Non mancando persino di tirare in ballo in seconda battuta i “paesi poveri” e le pressioni di organismi internazionali (!?).
Ma la Chiesa non insegna psicologia e sociologia, certamente da non disattendere; e tuttavia non si può sottovalutare il fatto che in quanto scienze umane sono ancelle della teologia, se ancora questa ha un senso.
Compito e funzione della Chiesa, infatti è affermare ed insegnare. Essa non deve né recriminare né essere condizionata da pressioni di alcun genere né soffermarsi su elementi secondari e neppure prenderci per i fondelli con i nondimeno e ciò che viene dopo... Si pensa così di aggirare gli ostacoli facendo rientrare da un’altra porta ciò che era uscito dalla finestra... Si tira in ballo un’ovvietà come il rispetto e la delicatezza, mai messa in discussione dalla Chiesa della Misericordia, quella vera e non sganciata dalla Verità e dalla Giustizia. Ma c’è il rischio, non improbabile dati i precedenti, che il marchio di ingiusta discriminazionealla fine possa andare a parare sul riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali. Che senso ha, infatti, richiamarlo qui? E del resto il documento citato è ben chiaro ed esplicita la differenza tra il rispetto della persona e il mascheramento, dietro a questo, dell’uso strumentale o ideologico della tolleranza del male, che peraltro è qualcosa di molto diverso dall’approvazione o dalla legalizzazione del male stesso. Sarebbe stato meglio partire da qui e non dalla pastorale esistenzialista con la quale diventa possibile aggirare i principi inalienabili, col rischio di ritenere poi quel documento superato alla pari della Familaris consortio, alla quale sarebbe stato bene attenersi piuttosto che guardare altrove. Cito:
L’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale


55. Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia».
Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).4


56. È del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso.

A questo punto è legittimo chiedersi che fine ha fatto il famoso dossier segreto, redatto dai “tre cardinali 007”, ricevuto da Benedetto XVI e da lui consegnato al successore, che gli svelava l’impropriam influentiam (sporco ricatto) che si intreccia tra le file omosessuali della Curia e le loro relazioni esterne.
Il discorso tuttavia, come già ricordato, è certamente ancora tutto da sviluppare. Ma il solo fatto che vengano fatti entrare nella discussione elementi di per sé indiscutibili, i timori e le perplessità li giustifica ampiamente. E non bisogna abbassare la guardia, soprattutto da parte dei pastori, anche quelli non coinvolti direttamente nell’assise sinodale [vedi].

Una domanda fondamentale cui va data risposta

Ma non c’è da farsi una domanda ancor più fondamentale, che ne implica altre? Un sinodo dei vescovi può esser ritenuto competente nel trattare questioni che attengono ad aspetti dottrinali non modificabili per loro propria natura, non solo in quanto già sanciti dalla disciplina vigente formatasi nel corso dei secoli e con interventi del magistero supremo della Chiesa ma, come nel caso del matrimonio sacramentale, derivanti da un comando divino? Può inoltre la Chiesa in questi casi agire ex abrupto difformemente dalla sua Tradizione? Può forse essa modificare la legge naturale, il rispetto della natura dell’eucarestia, e un comando divino? Anche se la parola finale spetta sempre al papa, e sarà lui a doverla pronunciare, per quale ragione egli insiste nel mettere in discussione proprio tali questioni?

Notazioni di fondo sull’infallibilità papale

A proposito della pronuncia del papa a conclusione dei lavori conciliari, è erroneo attribuire infallibilità, oltre che a TUTTE le parole e atti del papa, anche ai risultati del prossimo Sinodo, quali che essi siano.
La dottrina della Chiesa insegna che quando il Papa, da solo o in unione con i vescovi, parla ex cathedra è certamente infallibile.
Ma perché un suo pronunciamento possa considerarsi ex cathedra sono richiesti alcuni requisiti: 
1.                 deve parlare in quanto Papa e pastore della Chiesa universale;
2.               la materia deve riguardare la fede o la morale;
3.               il giudizio pronunciato deve essere solenne e definitivo, con l’intenzione di obbligare tutti i fedeli.
Se anche una sola di queste condizioni manca, il Magistero pontificio (o conciliare) resta autentico, ma non è infallibile. Ciò non significa necessariamente erroneo, ma semplicemente che non è immune da errore: e dunque può essere fallibile.
Da non dimenticare, inoltre, che le dichiarazioni ex cathedra di tipo definitorio sono dogmi e che le fonti dei dogmi sono la Scrittura e la Tradizione: una dichiarazione, che si volesse dogmatica, basata su fonti diverse o ex abrupto (cioè totalmente innovativa) sarebbe un falso dogma.
Un altro limite all’infallibilità papale ex cathedra: secondo la Pastor Aeternus le dichiarazioni ex cathedra non possono essere cancellate o modificate in nessun caso. Dunque non sono accettabili dichiarazioni dogmatiche (cioè definitorie) o paradogmatiche (definitive), se contraddicono verità definitorie o definitive preesistenti. Resta ferma la non-contraddizione. La distinzione comporta il fatto che chi non aderisce alle prime è eretico; chi non aderisce alle seconde è in grave errore ma non è eretico.
Quanto sopra nell’ovvia considerazione che l’infallibilità papale non è “a tempo” o legata ai tempi.
Nessuno potrà costringerci ad aderire alla proclamazione di innovazioni che sono in contraddizione con il Depositum fidei cattolico.
Il potere del papa non è assoluto, ma vincolato anche alle definizioni dogmatiche dei suoi predecessori e, in definitiva al Depositum fidei, che non è un’optional, non ingabbia perché contiene realtà vive e non museali, non inganna perché non prescinde dalla Verità, che precede sempre la Carità.

Maria Guarini
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1. Guardando al contesto da cui scaturisce il documento si capisce il perché sono stati fatti fuori i Francescani dell’Immacolata e anche la “deportazione” di padre Serafino Lanzetta, uno degli studiosi più validi e anche rispettosi - senza rinnegamenti del concilio ma anche senza contorsionismi per dimostrare una continuità inesistente -, che sui noti temi controversi ha idee chiare e documentate alle fonti originali [qui, dallo stesso contesto da cui è tratto l’intervento di Mons. Gherardini: il Convegno del 2010 sul Vaticano II] e [qui, più recentemente].

2. Il termine è stato coniato da marco Tosatti [qui]. E a questo punto si impone una notazione. La rimozione del cardinal Burke, uno degli oppositori più autorevoli sui punti sollevati dal cardinale Kasper, era stata già sancita prima del sinodo ma è stata differita, sicché egli ha potuto partecipare al primo round ma non parteciperà alla tornata successiva e risulta rimosso proprio dalla Segnatura apostolica cui appartiene l’ultima istanza in materia di nullità matrimoniali.

3. C’è da chiedersi la ragione di tutta quest’attenzione al possibile marchio di discriminazione nei confronti degli omosessuali e di chi vive in situazioni di peccato - che la Chiesa ha sempre riservato alla persona e non all’errore - e il persistere, con tendenze ingravescenti, circa il marchio di disprezzo che sfocia in persecuzione discriminatoria nei confronti di chi ama la tradizione riservato sia alle persone (pastori e fedeli) che alle loro esigenze spirituali. Per inciso: dal 1° ottobre scorso la Basilica papale di Santa Maria Maggiore è stata definitivamente serrata all’ultima Santa Messa Antiquior che vi si celebrava alle 7,30 del mattino...

4. A questo proposito dichiarava il card. Burke: Mi rifiuto di parlare di persone omosessuali, perché nessuno può essere identificato da questa tendenza. Si tratta di persone che hanno una tendenza, che è una sofferenza [qui].


Fonte: Chiesa e postconcilio, 10.12.2014

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