martedì 12 novembre 2013

La grande quercia è caduta, ovvero in memoria di Domenico Bartolucci

di Giannicola D'Amico


“Dov'era l'ombra, or sè la quercia spande
morta, né più coi turbini tenzona.
La gente dice: Or vedo: era pur grande!” (G. Pascoli)





All’età di 96 anni Domenico Bartolucci, Cardinale e Direttore perpetuo della Cappella Sistina - ma per tutti coloro che l’avevano conosciuto semplicemente “il Maestro” - è spirato alle prime ore dell’11 novembre, festa di S. Martino, nella sua casa romana di via Monte della Farina, al Palazzo di S. Andrea.

Poche settimane fa era scomparso, anch’egli vegliardo, mons. Luciano Migliavacca, storico maestro di cappella del Duomo di Milano: con loro sembra chiudersi un’epoca.

Domenico Bartolucci, affiancato fin dal 1953 al mitico, ma anziano e sofferente, Lorenzo Perosi, alla morte di questi aveva ereditato la direzione della Sistina, nominatone da Papa Pacelli “direttore perpetuo”, mentre mantenne la direzione contemporanea della Cappella Liberiana in S. Maria Maggiore, succeduto anni prima a Licinio Refice, fino al 1971.

Nato a Borgo San Lorenzo, in provincia di Firenze, il 7 maggio 1917, fu ordinato sacerdote nel 1939 dal card. Elia Dalla Costa, per poi trasferirsi a Roma dove perfezionare gli studi musicali iniziati nel capoluogo toscano, rimanendo però sempre incardinato nel clero fiorentino.
Direttore della Cappella Sistina fino al 1997, donde esercitò un altissimo magistero musicale, è stato considerato il più autorevole interprete di Palestrina nel Novecento, per poi continuare l’attività concertistica e compositiva (al suo attivo una vastissima messe di musica perlopiù sacra e liturgica, ma anche sinfonica e strumentale), fino oltre i novant’anni, assistito da una salute invidiabile e dalla sua consueta tetragona volontà di toscano d’altri tempi.

Stimato profondamente da Joseph Ratzinger per il suo rispetto della Liturgia, per il suo attaccamento alla Tradizione e per il livello impareggiabile delle sue composizioni in cui la moderna impostazione neo-modale si fondeva con le tre radici della sua ispirazione (il gregoriano, Palestrina e la cantabilità verdiana), fu creato Cardinale nel Concistoro del 20 novembre 2010 da Benedetto XVI al quale offrì un memorabile concerto in Castel Gandolfo il 31 agosto 2011 (di cui riferimmo).

Portiamo nel cuore le parole che Bartolucci indirizzò a Benedetto XVI il 24 giugno 2006 in occasione di un concerto polifonico da lui diretto nella Cappella Sistina in omaggio al nuovo Pontefice: “Beatissimo Padre, tutti conoscono l’amore grandissimo di Vostra Santità per la liturgia e quindi per la musica sacra. L’arte musicale è quella che più di tutte ha beneficiato della Liturgia della Chiesa: le cantorie hanno rappresentato la sua culla, grazie alla quale essa ha potuto formare il linguaggio che oggi ammiriamo. Gli esempi più belli che la fede dei secoli passati ci ha consegnato e che dobbiamo mantenere vivi sono proprio il canto gregoriano e la polifonia: di essi occorre una pratica costante che possa vivificare e animare degnamente il culto divino”.

Le cantorie oggi non esistono quasi più, sia come luogo architettonico, sia come luogo di perpetuazione della sapienza musicale e liturgica dei nostri Padri, al servizio di Dio.

Oggi scompare anche il loro più autorevole, appassionato e vigoroso cantore.

Sapremo continuare la “buona battaglia”?

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