domenica 21 luglio 2013

Considerazioni sulla "forma Chiesa"

Arch. Angelo La Notte


L’occasione è data dagli interventi, su quotidiani e riviste, nelle ultime settimane del Prof. Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani, in merito alla produzione di arte e architettura sacra che và dagli inizi degli anni novanta ai nostri giorni, voluto dall’allora Cardinale Vicario Camillo Ruini attraverso la campagna battezzata “50 NUOVE CHIESE NELLE PERIFIERIE ROMANE”.
Raccolte nel volume “CHIESE DELLA PERIFERIA ROMANA” edito da Electa, curato da Monsignor Liberio Andreatta, Direttore dell’Opera Romana per la Preservazione delle Nuove Chiese, e dagli architetti Marco Petreschi, docente della Facoltà di Architettura di Valle Giulia, e Nilda Valentin.

Il Prof. Paolucci si pone due domande:
“Quando un edificio destinato al culto è “giusto”?
Quando cioè lo possiamo definire allo stesso tempo bello, funzionale e simbolicamente efficace?
Da queste domande scaturisce la risposta: “UN EDIFICIO DESTINATO AL CULTO SI PUO’ DIRE
RIUSCITO E DIVENTARE PERCIO’ UN’OPERA D’ARTE QUANDO LA CULTURA DELL’EPOCA CHE LO HA VOLUTO SI IDENTIFICA CON LE FORME ARCHITETTONICHE E ARTISTICHE TIPICHE DI QUEL CULTO, QUANDO NE SOSTANZIA E NE SOSTIENE, SIGNIFICANDOLI E TRASFIGURANDOLI, I SENTIMENTI, LE IDEE E LA DOTTRINA”.
Tornando alle opere contenute nel testo ci troviamo di fronte a edifici che a volte toccano punte di grande pregevolezza come la chiesa di “Dio Padre Misericordioso” dell’architetto Meier, mentre il più delle volte, a mio parere, sono strutture perfettamente anonime, che si “amalgamano” con il contesto, tutte “mancano però della “FORMA CHIESA”.

Situazione che ha radici antiche riportandoci al Discorso agli Artisti, tenutosi nella Cappella Sistina il 7 Maggio 1964, da Papa Paolo VI, che cercando di elaborare e proporre una dottrina estetica, non fa altro che porre le basi per una “interpretazione” dell’arte e dell’architettura sacra che sempre più va secolarizzandosi, quando lo stesso Papa dichiara: “…L’arte sacra si affranca così da ogni vincolo puramente formale al passato che più non la sovrasta, che più non le intima l’irritazione ammirata…Il compito dell’arte sacra è esprimere l’ineffabile, allora il peso della tradizione e delle convinzioni va rimosso come inutile ingombro ed è aperta la strada alle potenzialità espressive del fare artistico contemporaneo…”.
Posizione questa che ha nell’interpretazione degli scritti, quando questi si prestano a letture che ne danno un valore di libero arbitrio, che ritroviamo in quella “ideologia postconciliare” che il Cardinale Giacomo Biffi evidenzia nel suo saggio teologico intitolato “La bella, la bestia e il cavaliere” (1984), l’autore denuncia quella operazione che attraverso un processo di “distillazione fraudolenta”, immediatamente posta in atto all’indomani dell’assise ecumenica, arriva a sostenere che la vera dottrina del Concilio non è quella di fatto canonicamente approvata ma quella che avrebbe dovuto essere approvata se i Padri fossero stati più illuminanti, più coraggiosi, più coerenti.

Posizione razionalista che ha portato a dimenticare, bollandoli come concetti tradizionalisti quei passi, che nella storia secolare, hanno portato alla definizione delle cattedrali in tutta Europa, che rispondono ad una nuova coscienza che l’uomo ha di sé, ad una dimensione della realtà profondamente ancorata alla vita ed alle sue esigenze dove anima e corpo, visibile ed invisibile, materiale ed immateriale, sacro e profano, convivono.
Le cattedrali con la loro presenza nella città hanno rappresentato una precisa intenzionalità di chi ci abita, opere di uomini che vivono con altri uomini.
Necessità degli uomini di identificarsi comunemente e dare una struttura alla liturgia, definendo un luogo dove ospitarla.
Mentre oggi agli edifici sacri viene dato il compito, di riqualificare una periferia il più delle volte pianificata con il solo scopo della cementificazione incondizionata e selvaggia, che si pone il problema della socializzazione dei residenti marginalmente, relegandolo a spazi a volte abbandonati all’incuria, in cui si è cercato di calare strutture architettoniche che se pur pregevoli, perché questo deve essere riconosciuto alla Chiesa che della bellezza ne è custode secolare, mancano ormai di quella essenza che fa dichiarare al Prof. Paolucci “manca la forma della chiesa”.
Ci auguriamo che la “commissione per la tutela estetica delle nuove chiese”, promessa dal Cardinale Vallini, possa giungere a dare se non delle precise regole almeno ad individuare quelli edifici che del sacro non hanno traccia. 


BIBLIOGRAFIA:
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- Aa.Vv.,L'Arte,la Bellezza e il Magistero della Chiesa,Atti del Convegno di Cosenza, 14 Novembre 2008, ed.Verbo Incarnato & ed.Settecolori,Segni-LameziaT. 2013.
Articoli di Liturgia,Musica e Arte Sacra, nella Rubrica mensile “Mondo del Sacro” diretta da N.Bux sul Timone.

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