martedì 24 ottobre 2023

Quanto vale Gerusalemme? Niente .... Tutto .....

Per capire il conflitto odierno, illuminante è questa scena tratta dal film colossal del 2005, Le crociate - Kingdom of Heaven.

Baliano di Ibelin chiede: “Quanto vale Gerusalemme?”

Saladino risponde: “Niente… Tutto”.

In quella terra, una pace che manca da sempre; è un conflitto lungo quanto la storia stessa e che non finirà mai. Proprio perché Gerusalemme è niente e tutto sia per i cristiani sia per ebrei ed islamici.

9 ottobre 1958 - 2023 - Anniversario del beato transito del Venerabile Pontefice Pio XII



Rare fotografie del corpo del papa Pio XII, rivestito dell'abito corale, con mozzetta e camauro, avvolto in più strati di cellophane, dopo l’immersione del cadavere in un misterioso miscuglio di erbe aromatiche, secondo le prescrizioni del medico personale del Papa (che era un semplice oculista), Riccardo Galeazzi Lisi, che, a suo dire, aveva inventato un innovativo metodo di imbalsamazione. L’averlo avvolto nel cellophane, tuttavia, innalzò la temperatura corporea a livelli tali che la salma, nel tragitto tra Castel Gandolfo a Roma, esplose sulla Via Appia, all’altezza della Basilica di San Giovanni in Laterano. Fu necessaria una tappa non prevista, durante la quale il cadavere del Sommo Pontefice fu sottoposto ad una nuova procedura d’imbalsamazione. Il danno però era ormai fatto: durante i tre giorni di esposizione nella Basilica Vaticana, accadde il peggio: il volto del grande padre della cattolicità cominciò a smembrarsi e gli cadde addirittura il setto nasale. Tremendo fu lo spettacolo a cui assistettero migliaia di pellegrini in fila per rendergli omaggio e diverse guardie nobili svennero a causa dei miasmi esalati dalla salma. Nella notte tra l’11 e il 12 ottobre fu necessario chiudere la Basilica di San Pietro per apportare ulteriori interventi alla salma, apponendo una maschera di cera sul volto del venerato pontefice. Galeazzi Lisi, che aveva già diffuso vendendole a caro prezzo le immagini del papa morente scattate di nascosto con una piccola macchina fotografica tenuta nascosta in tasca, fu licenziato in tronco dal collegio cardinalizio e successivamente radiato dall’ordine nazionale dei medici (tratto da Francesco Capozza, Pio XII, quando il Papa fu imbalsamato ma si decompose in pubblico, in Libero, 11.10.2022)

Salma del papa, rivestita degli abiti liturgici papali, esposta a Castelgandolfo

La salma del papa in San Pietro

65° anniversario del beato transito del Papa Pio XII, morto dopo una lunga agonia il 9 ottobre 1958, alle ore 3,52, nella Villa Papale di Castelgandolfo, all'età di 82 anni (le ultime ore del Sommo Pontefice sono descritte in Le ultime ore di Pio XII, in Radiospada, 9.10.2022).

Regnò per quasi vent'anni, essendo il suo pontificato iniziato nei momenti più difficili del XX secolo. Due anni prima della morte vergò il suo brevissimo testamento, in cui lasciava scritto «[…] i non pochi Atti e discorsi, da me per necessità di officio emanati o pronunziati, bastano a far conoscere, a chi per avventura lo desiderasse, il mio pensiero intorno alle varie questioni religiose e morali» (Il testamento del Santo Padre Pio XII, ivi, 9.10.2020).

La sua morte è stata compianta in tutto il mondo.

Tra i messaggi di cordoglio c'erano quelli del presidente americano Eisenhower e di molti leader ebrei come il ministro degli Esteri israeliano Golda Meir e il rabbino italiano Elio Toaff. Il direttore d'orchestra ebreo-americano Leonard Bernstein chiese un minuto di silenzio prima di un concerto della New York Philarmonic Orchestra nell'ottobre 1958.

Il Pastor Angelicus e Defensor Civitatis (i suoi acclamati titoli) è attualmente considerato Venerabile dalla Chiesa cattolica romana nonostante la famigerata campagna di odio (avviata nel 1963 in seguito alla rappresentazione del dramma di Rolf Hochhuth “Il Vicario” sul palco di Berlino) per denigrare la sua santa memoria.

I documenti dimostrano che, lungi dall’aver abbandonato al loro destino gli ebrei perseguitati durante la Seconda Guerra Mondiale, il presunto “silenzio” (= diplomazia professionale) di Pio XII contribuì in maniera decisiva –direttamente o indirettamente– alla salvezza di circa 850.000 ebrei europei (cfr. Pio XII e gli ebrei: online la “lista Pacelli”, in ivi, 5.7.2022).

A questo proposito, riguardo a recenti documenti ritrovati nell’archivio Vaticano, pubblicati dal settimanale culturale del Corriere della Sera, La Lettura (fasc. n. 616 del 17.9.2023, pp. 2-5, di cui riproduciamo qui di seguito le immagini dell'articolo), e che hanno suscitato ampio scalpore sui mass-media (cfr. Antonio Carioti, Pio XII sapeva della Shoah: la prova in una lettera scritta nel 1942 da un gesuita tedesco, in Corriere della sera, 16.9.2023; Matteo Luigi Napolitano, Pio XII, il Papa che “sapeva”, in L’Osservatore romano, 19.9.2023; Giovanni Maria Vian, Quello che i titoli sul silenzio di papa Pio XII hanno trascurato, in Domani, 7.10.2023), rilancio un’analisi precisa e puntuale su questi documenti:





«1. La Lettura, il settimanale culturale del Corriere della Sera, pubblica un’intervista a Giovanni Coco, archivista di Santa Madre Chiesa, esattamente in forze all’Archivio Apostolico Vaticano, presentando un documento inedito sui campi di sterminio all’est. Si tratta di una lettera drammatica inviata dal gesuita Lothar König al confratello Robert Leiber, segretario di Pio XII.

Il Corriere della Sera, nella pagina culturale di ieri, aveva anticipato la notizia sull’inedito. Oggi Coco ne riferisce al “domenicale” del Corriere.

“Questa è una lettera inedita, scritta da un gesuita tedesco antinazista, Lothar König. Contiene un allegato con una statistica di sacerdoti detenuti nei campi di concentramento fatti costruire da Adolf Hitler. Ma soprattutto parla di Auschwitz e di Dachau. E riporta da fonti credibili notizie secondo le quali ogni giorno circa seimila tra ebrei e polacchi venivano uccisi “negli altiforni” del Lager di Belzec, vicino al confine ucraino. È datata 14 dicembre 1942...”.

2. Quale il valore di questa lettera di König a Leiber? “Enorme, credo - osserva Coco - È un caso unico, perché rappresenta la sola testimonianza di una corrispondenza che doveva essere nutrita e prolungata nel tempo. Si capisce dalla familiarità con la quale Lothar König si rivolge in tedesco a padre Robert Leiber, segretario di Pio XII”, chiamandolo “caro amico”.

Va tenuto presente che König era un grande antinazista. Ma i documenti da noi consultati ci svelano che lo era anche il padre Leiber. Era dunque una corrispondenza tra due antinazisti che si fidavano l’uno dell’altro. Il che significa che padre Leiber e Pio XII sapevano benissimo del Kreisau Kreis, il circolo di cui König faceva parte: “Una rete della resistenza tedesca composta da cattolici e protestanti, la cui intelligence era in grado di fare arrivare a Roma le notizie più riservate sui crimini hitleriani”.

3. Queste notizie ricevute dal Papa andavano diffuse al mondo? Andava aperta la loggia su piazza San Pietro per denunciare, in piena Shoah (nel 1942 con mezza Europa sotto il tallone hitleriano), i crimini di Hitler che nel frattempo teneva in ostaggio così tanti innocenti. No.
Il padre König, infatti, sconsigliava fortemente un tale passo, raccomandando al confratello Leiber (citiamo Coco) “di usare quelle informazioni con la massima cautela, senza dire una sola parola che potesse tradire le fonti. König temeva una fuga di notizie dal Vaticano, oppure che la lettera potesse essere scoperta in caso di un’irruzione nazista”.

Cautela, dunque, prudenza, non chiasso, non denuncia plateale. Erano questi anche gli ingredienti del Circolo di Kreisau, poi accusato per il fallito attentato a Hitler. König, che faceva parte di quel circolo, dovette fuggire perché ricercato. Ecco perché la raccomandazione del gesuita al segretario di Pio XII “era un invito al silenzio per non bruciare la rete della resistenza tedesca al nazismo”.
Ecco le parole dello stesso padre König: “I numeri sono ufficiali...C’è anche un rapporto di vari testimoni […]. Entrambi gli allegati sono stati ottenuti con il massimo rischio. Non solo è a rischio la mia testa, ma anche la testa degli altri se non vengono usati con la massima prudenza e cura...”.

4. Grazie al documento da lui scoperto, dice Coco, “stavolta si ha la certezza che dalla chiesa cattolica tedesca arrivavano a Pio XII notizie esatte e dettagliate sui crimini che si stavano perpetrando contro gli ebrei. Si parla del Lager di Belzec, non lontano dalla cittadina ucraina di Rava-Rus’ka dove tra il 5 e l’11 dicembre 1942 erano stati fucilati più di cinquemila ebrei. «Le ultime informazioni su Rava-Rus'ka con il suo altoforno delle SS, dove ogni giorno muoiono fino a 6000 uomini, soprattutto polacchi e ebrei, le ho trovate confermate da altre fonti...», scrive König. Ma nella lettera si accenna anche a un altro rapporto che non conosciamo ancora, riferito ad Auschwitz”.

Coco sa benissimo (e lo ammette onestamente) che la sua scoperta non rappresenta proprio una novità. Per Coco la vera novità sta nel fatto che, in quel dicembre 1942, in Vaticano giunsero notizie “esatte e dettagliate” sui crimini nazisti. Ora, quest’affermazione sull’esattezza delle notizie va temperata con quello che pensavano le organizzazioni ebraiche e gli alleati.

5. Accertare le fonti era il cruccio di tutte le organizzazioni antinaziste. Il giurista Paul Guggenheim, che dirigeva la sede ginevrina del Congresso Mondiale Ebraico, bloccò le notizie sui campi di sterminio che il suo subordinato Gerhart Riegner stava per diffondere al mondo. Gli chiese infatti dapprima di cancellare la menzione dei grandi forni crematori, e poi di aggiungere (in quella che è la seconda parte del dispaccio, come noi oggi la conosciamo) una nota di cautela circa la non verificabilità delle fonti.

Gli archivi inglesi ci informano che a fine ottobre 1942 Guggenheim si recò al consolato americano a Ginevra per riferire le notizie che aveva ricevuto.

Lasciamo parlare il console americano: “L’informatore del Professor Guggenheim conferma che per tutte le cattive notizie recate dal Dott. Gerhart Riegner, Segretario del Congresso Ebraico Mondiale a Ginevra, e dal signor Lichtheim, dell’Agenzia ebraica per la Palestina di Ginevra, concernenti la situazione ebraica in Lettonia, salvo che per quelle riguardanti i dettagli dell’assassinio degli ebrei e il numero degli uccisi, ci sono numerose divergenze in vari rapporti. È solo nell’essenziale che questi rapporti sono unanimi”. Ovviamente, nessuna menzione dei forni crematori.

6. La documentazione esistente ci informa del fatto che la dichiarazione interalleata del 17 dicembre 1942 contro i crimini nazisti fu fatta solo dietro forte insistenza dei circoli ebraici internazionali presso Roosevelt, cui era stato rilasciato, l’8 dicembre 1942, un importante memorandum sulla tragedia ebraica. Notiamo la contemporaneità fra questi eventi e la data del documento illustrato da Coco.
Alla dichiarazione interalleata seguirono fatti concreti? No, dato che la priorità non era bombardare le linee ferroviarie che portavano ad Auschwitz, ma sconfiggere la Germania sul campo. Ma con tutto ciò, gli alleati ritenevano ritenevano affidabili le notizie provenienti dai Lager?

Ce lo dice un altro sconcertante episodio.

7. Nel 1943 Stati Uniti e Gran Bretagna volevano pubblicare una nuova dichiarazione sui crimini di guerra tedeschi in Polonia. Essa fu diramata il 30 agosto 1943 e pubblicata nella raccolta ufficiale del Dipartimento di Stato americano. Ebbene: un paragrafo di quella dichiarazione avrebbe dovuto menzionare i forni crematori, ma poi fu eliminato.

Perché? Lasciamo parlare le carte americane.

“Su suggerimento del Governo britannico, che afferma non esserci prove sufficienti per giustificare una dichiarazione circa l’esecuzione nelle camere a gas, è stato concordato di eliminare l’ultima frase del paragrafo secondo della Dichiarazione sui crimini tedeschi in Polonia da “dove” a “camere a gas”, così lasciando terminare il secondo paragrafo con “campi di concentramento”.
Quando si dice “il silenzio sulle camere a gas”…

8. Bene, dunque, la massima “democrazia archivistica” su Pio XII, ma attenzione a non lasciarsi prendere dalla “sindrome delle novità”. Per esempio, le tragiche notizie provenienti da Rava-Rus'ka non erano una novità. Ne parlava in prima pagina il Jewish Post già il 1° febbraio 1943; e non è il solo esempio.

9. A mo’ di post-scriptum. Notiamo del veleno in coda all’articolo della Lettura.

In merito al ritardo con cui certe carte vengono alla luce, Coco osserva: “Probabilmente chi ha maneggiato quei documenti prima di noi non ha capito l’importanza del contenuto. Sa, nel passato non sempre gli archivi venivano visti come una priorità in alcuni uffici del Vaticano. E non sempre nel passato — fuori da qui — gli archivisti sono stati selezionati con occhio per la loro professionalità”.
«Fuori da qui» è un inciso che fa capire che secondo Coco la perfetta professionalità archivistica alberga solo presso l’Archivio Apostolico Vaticano?

Che ci sia altissima professionalità in questo archivio, è fuor di dubbio. È dunque negli altri archivi vaticani che Coco lamenta mancanza di professionalità? E, per esperienza diretta anche degli altri archivi, su quali basi lo afferma?» (Fonte).

sabato 7 ottobre 2023

Il breve “Monet Apostolus” di Gregorio XIII che istituisce la festa del Rosario

Nella festa della Madonna del Rosario, rilanciamo questo testo.

Offriamo in traduzione italiana il breve “Monet Apostolus” a mezzo del quale, il 1° aprile 1573, papa Gregorio XIII Boncompagni istituiva la Solennità del Santissimo Rosario di Maria.


GREGORIUS PP. XIII


Ad perpetuam rei memoriam


L’Apostolo ci ammonisce a render grazie di ogni cosa e le storie delle Sacre Scritture ci istruiscono sulla necessità di celebrare con solenni festività annuali gli insigni benefici di Dio, perché a Lui dal quale furono ricevuti siano rese le dovute grazie, e i fedeli, che li ricevettero, si ricordino di essi e siano sempre più infiammati nel culto divino.
La qualcosa, quantunque sia stata ordinata in molte occasione, massimamente lo fu invero quando il Dio dei nostri padri con mano forte liberò il suo popolo dalla schiavitù d’Egitto.

E anche noi ogni giorno riceviamo da Dio Ottimo Massimo benefici non minori. Tra questi è da annoverare quello singolarissimo concessoci dalla di Lui ineffabile clemenza lo scorso anno, quando il sette d’ottobre, non lontano dal golfo di Corinto, la flotta dei Turchi, grandemente superiore e imbaldanzita dalle vittorie del passato, fu sconfitta e fracassata dalla flotta dei Cristiani, per la virtù del Signore Iddio degli eserciti che con essi combatteva. Che grazie a questa vittoria, tutto il popolo cristiano sia stato miracolosamente strappato alle fauci del tiranno turco, nessuno lo può negare; e Noi, volendo obbedire al comando dell’Apostolo e seguire gli esempi dei Santi Padri, abbiamo deciso di istituire la memoria annuale di questo insignissimo beneficio.
Poiché le preci offerte a Dio ascendo al suo cospetto più gradite quanto più son degni gli intercessori e ove siano presentate con qualche pio modo di pregare; memori che il beato Domenico, Fondatore dell’Ordine dei Predicatori, quando la Francia e l’Italia erano oppresse da perniciose eresie, ha istituito, al fine di placare l’ira di Dio e implorare l’intercessione della beatissima Vergine, quel piissimo modo di pregare che si chiama Rosario o Salterio della beatissima Vergine; e considerando che in quello stesso giorno sette d’ottobre (che in quell’anno era la prima domenica del mese) in tutto il mondo le Confraternite militanti sotto il titolo del Rosario, giusta le loro costituzioni e consuetudini, in processione elevassero a Dio devote preci, le quali – è da credere piamente – per l’intercessione della beatissima Vergine abbiano grande profittato alla vittoria ottenuta; Noi abbiamo stimato sarebbe stato giusto istituire una solenne festa sotto il titolo del Rosario da celebrarsi ogni anno la prima domenica d’Ottobre, per conservare la memoria di questa vittoria senza alcun dubbio concessa da Dio, e render grazie a Dio e alla beatissima Vergine.

Pertanto, motu proprio e nella pienezza dell’apostolica potestà, a lode di Dio, di nostro Signor Gesù Cristo e della sua gloriosa Vergine Madre, a tenore delle presenti, stabiliamo che in futuro ogni prima domenica d’ottobre, in tutto il mondo, in quelle chiese dove sia presente l’altare o la cappella del Rosario, si celebri con rito doppio maggiore e si santifichi la Solennità del Rosario. Nello stesso giorno si reciti l’ufficio della beatissima Vergine con le nove lezioni.

Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del pescatore, il primo d’aprile dell’anno del Signore 1573, primo del Nostro pontificato.


Fonte: Radiospada, 7.10.2023

Il testo integrale della lettera pre-Sinodo del cardinale Zen

Nella festa della Madonna del Rosario e nel ricordo della vittoria di Lepanto, rilanciamo la traduzione italiana della lettera del card. Zen – intrepido cardinale cinese ed arcivescovo emerito di Hong Kong, firmatario dei Dubia, insieme ai cardd. Burke, Sarah, Brandmueller e Sandoval – inviata a cardinali e vescovi sul Sinodo in corso, in questi giorni, in Vaticano, sulle molteplici irregolarità di quest’assise. Cfr. su questa lettera, Luisella Scrosati, Il cardinale Joseph Zen denuncia il regime sinodale, in LNBQ, 6.10.2023. Questa missiva, unitamente ai Dubia da noi pubblicati (vqui), senz’altro pone all’attenzione della Chiesa delle questioni di non poco rilievo circa la natura e la legittimità di quest’assemblea, nonché in ultima analisi fa sorgere degli interrogativi se quanto dovesse prodursi da essa possa dirsi davvero espressione della Chiesa e se possa dirsi proveniente dall’ispirazione dello Spirito Santo. Significativa, a questo riguardo, è la domanda posta, dalla giornalista Diane Montagna, al dott. Paolo Ruffini, Prefetto della Segreteria per le Comunicazioni vaticane. La giornalista aveva chiesto “Come discerne questa assemblea se qualcosa viene dallo Spirito Santo o da un altro spirito?”. La risposta del dott. Ruffini semplicemente è stata semplicemente evasiva e generica. La stessa ha replicato su come si potesse sapere che fosse lo Spirito Santo. A questa richiesta di precisazione non è seguita alcuna risposta. Evidentemente, in Vaticano, non sanno come discernere ciò che provenga dallo Spirito Santo e quanto da altri … ehm … spiriti. E francamente guardando le modalità di lavoro dell’assise sinodale, con singoli tavoli rotondi, è più facile immaginare che si manifesti qualche pizza o una cacio e pepe, piuttosto che lo Spirito Santo.

Buona lettura.





Domande e risposte a Diane Montagna

Tavoli dell'assise sinodale nell'Aula Nervi

Documenti. Il testo integrale della lettera pre-Sinodo del cardinale Zen


(s.m.) Ampiamente citata dal sito statunitense “The Pillar”, la lettera inviata a fine settembre dal cardinale Giuseppe Zen-zekiun a diversi cardinali e vescovi sulle questioni aperte dalla convocazione del Sinodo in corso dal 4 ottobre è ormai uscita dal recinto del “confidenziale” ed è bene che sia letta per intero.

È lo stesso Zen a presagire questo esito, quando verso la fine della lettera scrive: “Io la intendo come confidenziale, ma sarà difficile che non arrivi in mano ai mass media. Vecchio come sono, non ho niente da guadagnare, niente da perdere. Sarò contento di aver fatto quello che credo di essere in dovere di fare”.

Dall’alto dei suoi 91 anni, ma soprattutto di una vita spesa nell’eroica difesa della “libertas ecclesiae” in una terra ostile come la Cina, già vescovo di Hong Kong e recentemente condannato per aver sostenuto la resistenza della città al prepotere del regime di Pechino, Zen si rivela in questa lettera anche un combattente appassionato e franco per preservare il Sinodo e la Chiesa da quella che ritiene una deriva disastrosa.

Ecco dunque la lettera, nella versione italiana predisposta dallo stesso cardinale Zen.

*

Cara Eminenza, Cara Eccellenza,

sono il suo confratello Giuseppe Zen dalla lontana isola di Hong Kong, un vecchio infermo di 91 anni, ordinato vescovo più di 26 anni fa. Scrivo questa lettera perché, conscio di essere ancora in possesso delle mie facoltà mentali, sento il dovere di salvaguardare, come un membro del Collegio dei Successori degli Apostoli, la sacrosanta tradizione della fede cattolica.

Indirizzo questa lettera a voi, membri del prossimo Sinodo sulla sinodalità, perché suppongo che siate preoccupati, come sono io, di come andrà a finire il suddetto Sinodo.

Sinodalità è una parola piuttosto nuova, dall’etimologia si può capire che si tratta di uno spirito, di “parlare insieme e camminare insieme”; per la Chiesa cattolica vorrà dire “comunione e partecipazione di tutti j membri della Chiesa nella missione evangelizzatrice”. Capito così, il tema di questo Sinodo sembra utile e sempre attuale, e sarà un’occasione conveniente per chiarire come nella Chiesa si debba vivere questa sinodalità.

Ora c’è un documento recentissimo “La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa”, frutto del lavoro (negli anni 2014-2017) di una sotto-commissione della Commissione Teologica Internazionale, il cui presidente ex-officio è il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. La sotto-commissione ha concluso il suo lavoro nel 2017, il testo è stato approvato dai membri della Commissione nel corso della sessione plenaria di quell’anno, e finalmente approvato dal Prefetto della Congregazione nel 2018, dopo aver ricevuto il parere favorevole da Papa Francesco.

Il documento comincia nella sua prima parte con i fatti storici dei Sinodi e dei Concili (il significato dei due termini è convergente), specialmente il Concilio Apostolico di Gerusalemme (Atti 15), che è la figura paradigmatica dei Sinodi celebrati dalla Chiesa.

La descrizione di quel Sinodo, nei paragrafi 20-21 del documento, può riassumersi così. Nella diffusione del Vangelo, emerge un problema: se i non-Ebrei per farsi membri della Chiesa di Gesù debbano passare per la circoncisione e l’accettazione della legge mosaica. Il problema, acutamente sentito in Antiochia, viene deferito alla Chiesa di Gerusalemme, la quale tutta prende parte nello svolgimento per sciogliere il problema. “L’iniziale diversità di opinioni e la vivacità del dibattito, alla luce della parola profetica (vedi Amos 9,11-12), nel reciproco ascolto dello Spirito Santo attraverso la testimonianza della sua azione (vedi Atti 15,14-18), approdarono a quel consenso e unanimità che è il frutto del discernimento comunitario”. Gli Apostoli e gli Anziani comunicarono il risultato del Concilio alle Chiese con una lettera in cui si dice: “Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi”.

Nel paragrafo 5 del testo della Commissione si dice: “La novità della parola sinodalità chiede un’attenta messa a punto teologica”. Nel paragrafo 7 dice:”Mentre il concetto di sinodalità richiama la partecipazione di tutto il popolo di Dio, [...] il concetto di collegialità precisa il significato teologico e la forma di esercizio del ministero dei vescovi [...] mediante la comunione gerarchica del collegio episcopale con il vescovo di Roma”. E più avanti dice: “Ogni autentica manifestazione di sinodalità esige per sua natura l’esercizio del ministero collegiale dei vescovi”.

Nella seconda parte, il documento propone i fondamenti teologici di questa dottrina, che si trovano specialmente nella “Lumen gentium”, dove specifica che al servizio del popolo, tutto sacerdotale e profetico, c’è un sacerdozio ministeriale, ordinato, che serve questo popolo, guidandolo con il servizio dell’autorità.

Mi ha sorpreso non poco quando, leggendo i tanti prolissi documenti emanati dalla Segretaria del Sinodo, trovo così pochi riferimenti al documento summenzionato.

Per di più:

1. Mi confonde il fatto che, da una parte, mi dicono che la sinodalità è un elemento costitutivo della Chiesa, ma, dall’altra, mi dicono che è ciò che Dio aspetta da noi per questo secolo (come una novità?). Come può Dio aver dimenticato di far vivere questo elemento costitutivo della Chiesa per i venti secoli della sua storia? Non confessiamo che la Chiesa è una, santa, cattolica, apostolica, intendendo con ciò che è stata sempre anche sinodale?

2. Ancora maggiore confusione e preoccupazione sento, quando vedo suggerito che finalmente è venuto il momento di rovesciare la piramide, cioè con la gerarchia sormontata dal popolo laico. Nel documento preparatorio, fin dall’inizio, si dice chiaramente che, per una Chiesa sinodale, occorre ricostituire la “democrazia”.

3. Ma ancora più preoccupazione sento, quando si nota che, mentre veniva convocato questo Sinodo {che viene presentato come una cosa senza precedenti) c’era già in corso in Germania un “sentiero sinodale” dove, con uno stranamente compiaciuto “mea culpa” per gli abusi sessuali, la gerarchia ed un gruppo di laici (Comitato Centrale dei Cattolici Tedeschi ZdK, non si sa quanto rappresentativo, ma si viene a sapere che sono quasi tutti impiegati della Chiesa) propongono un cambio rivoluzionario della costituzione della Chiesa e dell’insegnamento morale riguardo alla sessualità. Più di un centinaio tra Cardinali e Vescovi da diverse parti del mondo hanno scritto una lettera di ammonizione all’episcopato in Germania, ma essi non riconoscono di essere in errore.

Il Papa non ha mai ordinato che questo processo della Chiesa in Germania si fermasse. In occasione della loro visita “ad limina”, si sa che il Papa ha conversato per due ore con i vescovi tedeschi, ma non si è pubblicato un discorso del Papa su “L’Osservatore Romano” come si è solito fare in queste visite. Invece viene pubblicato un discorso del Prefetto della Congregazione per i Vescovi, Cardinale Marc Ouellet, in cui li prega di non procedere, ma di aspettare le conclusioni del Sinodo. Come risposta, un chiaro diniego perché, dicono, “c’è l’urgenza pastorale di procedere”(!?).

Un sintomo allarmante è il continuo calo numerico dei fedeli in Germania; secondo dati ufficiali il calo ha superato il mezzo milione nel 2022. La Chiesa lì sta morendo.

Questo ci ricorda la penosa sventura della Chiesa in Olanda, la quale, dalla cima di quando aveva il 40% della popolazione nazionale, è caduta fino alla sua quasi totale scomparsa oggi. Non è difficile vederne la causa: un movimento, quasi uguale a quello attuale in Germania, che lì è cominciato quasi subito dopo il Concilio Vaticano ll.

Non mi sembra fuori posto menzionare il grande scisma che pende sulla Comunità Anglicana. Gli arcivescovi del Global Anglican Future Conference (GAFCON) hanno mandato una lettera all’Arcivescovo di Canterbury, dicendogli che, se non si converte (la Chiesa Anglicana d’Inghilterra ha approvato il matrimonio omosessuale), essi {che costituiscono 1′85% degli Anglicani nel mondo) non accetteranno più la sua leadership (come “primus inter pares”).

4. I documenti della Segreteria citano non sempre a proposito la Bibbia. Parlano a lungo dell’episodio di Pietro e Cornelio (in Atti 10-11) quasi per provare che il Signore può ordinare qualunque cambiamento dell’agire dei fedeli. Ma il racconto del Concilio di Gerusalemme (Atti 15) fa vedere che non si tratta di un cambiamento qualunque, ma di uno sviluppo che comporta periodi diversi nella realizzazione della salvezza. La fase universalista della salvezza, già adombrata nel Vecchio Testamento, adesso finalmente si realizza dopo la risurrezione di Gesù. Similmente, Gesù ha detto che non ha abolito la legge, ma l’ha portata a compimento. Lo Spirito procede gradualmente, ma non si contraddice mai. Il Santo Henry Newman diceva che il vero sviluppo della dottrina è omogeneo.

Penso che non ho bisogno di dilungarmi sui motivi per cui dovete affrontare il Sinodo con grande preoccupazione. Sento invece l’importanza di far presente a voi certi problemi di procedura del Sinodo. La Segreteria del Sinodo è molto agguerrita nell’arte della manipolazione.

Per ciò che sto per dire sarò facilmente accusato di “conspiracy theory”, ma vedo chiaramente che c’è tutto un piano di manipolazione.

Cominciano col dire che bisogna ascoltare tutti. Adagio adagio fanno capire che tra questi “tutti” ci sono specialmente quelli da noi “esclusi”. Finalmente, si capisce che si tratta di gente che opta per una morale sessuale diversa da quella della tradizione cattolica.

Nei piccoli gruppi di dialogo della fase continentale insistono sovente che “dobbiamo lasciare una sedia vuota per quelli che sono assenti, da noi emarginati”. Dicono anche: “Il Sinodo deve concludere con una universale inclusione, deve allargare la tenda, benvenuti tutti, senza giudicarli, senza invitare alla conversione”.

Protestano sovente che non hanno una agenda. È veramente un’offesa alla nostra intelligenza, quando tutti vediamo a che conclusioni mirano.

Parlano della “conversazione nello Spirito” come di una cosa magica. E invitano tutti ad aspettare “sorprese” dallo Spirito (naturalmente loro sono già informati di quali sorprese). “Conversare, ma non discutere! La discussione crea divisioni”. Ma allora il consenso e l’unanimità avvengono miracolosamente? Ma a me pare che al Concilio Vaticano Il, prima di arrivare alla conclusione quasi unanime, hanno sovente impiegato molto tempo in vivaci discussioni. Era lì che lo Spirito Santo aveva lavorato. Evitare discussioni è evitare la verità.

Non dovete obbedire a loro quando dicono di andare a pregare, interrompendo i lavori. Rispondete che è ridicolo pensare che lo Spirito Santo stia aspettando le vostre preghiere dell’ultimo momento. Dovete già aver accumulato una montagna di preghiere, vostre e dei vostri fedeli, come aveva fatto Papa Giovanni XXIII prima del Concilio, facendo pellegrinaggi con molti fedeli a diverse chiese, pregando per il Concilio. Lo Spirito Santo sarà occupato durante il Sinodo a lavorare nei vostri cuori, sperando che tutti accettino le sue ispirazioni.

“Cominciamo, dicono, con i piccoli gruppi”. Questo è ovviamente sbagliato. Bisogna prima lasciare parlare tutti e sentire tutti nell’Assemblea. Così risultano quali sono i problemi più controversi e che hanno bisogno di un adeguato dibattito. Nei piccoli gruppi “linguistici” poi si può, usando la propria lingua, sviscerare i problemi più a proprio agio e finire con la formulazione di concise deliberazioni. Bisogna insistere sulla procedura seguita da tanti Sinodi, non perché “si è sempre fatto così”, ma perché è ragionevole (fare diversamente giustifica il sospetto che si vuol evitare di scoprire la vera ispirazione dello Spirito Santo).

Sulla rete noto un molto parlare su “votazioni o no”. Ma se non si fa una votazione, come si può sapere il frutto di tanto dialogo? Evitare le votazioni è ancora evitare la verità.

Ancora sulla votazione. Senza nessuna consultazione, nella immediata vicinanza del Sinodo, il Santo Padre aggiunge un numero di membri laici con diritto di votazione. Se io fossi uno dei membri, farei una forte protesta, perché questo cambia sostanzialmente il Sinodo dei Vescovi, che Papa Paolo VI aveva istituito come uno strumento della collegialità, anche se nello spirito della sinodalità sono ammessi degli osservatori laici con possibilità di parola. A voi non consiglio una protesta, ma almeno un dolce lamento con una richiesta: che almeno i voti dei Vescovi e quelli dei laici siano separatamente contati (ciò che perfino il “sentiero sinodale” di Germania ha concesso ai vescovi), Si deve dare un diverso peso ai voti dei due gruppi. Far votare i laici sembra voler dire che si vuole rispettare il “sensus fidelium”, ma sono sicuri che questi laici invitati siano “fideles”? che almeno vadano ancora in chiesa? Si noti che questi laici non sono stati eletti dal popolo cristiano praticante.

Non è mai stata spiegata l’aggiunta (a metà strada) di un’altra sessione per il 2024. Il mio malizioso sospetto è che gli organizzatori, non sicuri di raggiungere in questa sessione ciò a cui mirano, sperano di aver tempo di preparare altre manovre. Ma se le votazioni già chiariscono quello che lo Spirito ha voluto dire attraverso il voto dei vescovi sarà ancora necessaria un’altra sessione?

Questa lettera che scrivo io la intendo come confidenziale, ma sarà difficile che non arrivi in mano ai mass media. Vecchio come sono, non ho niente da guadagnare, niente da perdere. Sarò contento di aver fatto quello che credo di essere in dovere di fare.

So che nel Sinodo sulla famiglia, il Santo Padre ha rifiutato suggerimenti presentati da diversi Cardinali e Vescovi proprio sulla procedura, ma se voi presentate una richiesta rispettosa e supportata da numerosi consensi, forse potrà essere accolta. Comunque avrete fatto il vostro dovere. Accettare una procedura non ragionevole è  condannare il Sinodo al fallimento.

Chiedo scusa del ritardo di questa mia lettera, perché forse manca il tempo per presentare le nostre richieste agli organizzatori prima dell’inizio del Sinodo.

Auguro a voi una fruttuosa e, se necessario, coraggiosa partecipazione a questo Sinodo che in qualunque modo sarà senza precedenti.

Vostro umile fratello,

Giuseppe Zen

21 settembre 2023

Festa di San Matteo Apostolo (”miserando et eligendo”)


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Il documento citato dal cardinale Zen:

> “La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa”

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POST SCRIPTUM – Ricevo e pubblico. L’autore del commento è avvocato del foro di Trieste e membro dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani:

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Caro Magister,

scrivono “sinodalità” ma intendono e praticano il “centralismo democratico”: linee di discussione all’interno, riservatezza, decisione della maggioranza, unità d’azione all’esterno.

Con una sostanziale differenza rispetto a Lenin. La “maggioranza” la decide papa Francesco, presentato come oracolo dello Spirito Santo.

Legittimazione dal basso e legittimazione dall’alto paiono così incontrarsi in “sinfonica armonia”.

L’autorità delle conclusioni che il papa trarrà non si baserà quindi tanto su una motivazione teologicamente razionale delle questioni, ma su una lettura ispirata di dinamiche assembleari rese artatamente non verificabili dall’esterno.

Non stupisce che il cardinale Zen parli di “manipolazione”.

Antonio Caragliu

Fonte: Blog di Sandro Magister, 5.10.2023

mercoledì 4 ottobre 2023

Burke: «La sinodalità contraddice la vera identità della Chiesa»

Oggi, festa di S. Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, è, in realtà, un giorno triste e storico al contempo. Infatti, oggi si aprirà, con una messa solenne, concelebrata da Francesco con i neo-cardinali ed i vescovi sinodali, il discusso “Sinodo sulla sinodalità”, che presenta inquietanti somiglianze al c.d. latrocinium Ephesi, cioè al II concilio di Efeso, convocato dall'imperatore romano d'Oriente Teodosio II nel 449, sotto la presidenza del Patriarca di Alessandria, Dioscoro I, e che non è riconosciuto né dalla Chiesa cattolica né dalla maggior parte delle chiese ortodosse, salvo quelle c.d. «pre-calcedoniane» (che accettano, invece, il Secondo concilio di Efeso e rigettano il concilio di Calcedonia).

Perché lo consideriamo funesto? Per il semplice motivo che esso si annuncia come la pietra miliare del cambiamento dell’identità cattolica, sia per quanto riguarda la dottrina sia per quanto riguarda la morale sia, infine, la prassi. Non si nascondono, infatti, i timori che si accompagnano a quest’incontro sinodale, che durerà l’intero mese di ottobre, e che comporterà – secondo anche quel che emerge dall’Instrumentum Laboris – una qualche forma di benedizione per le coppie tra persone dello stesso sesso sul modello di quanto avviene in Germania ed in Olanda (quasi che Dio, contraddicendo la sua stessa Legge e la sua stessa Divina Rivelazione, possa benedire, e così approvare quasi, una situazione di peccato); una rivisitazione della legge del celibato ecclesiastico; un riesame del divieto di accesso agli ordini sacri delle donne.

Del resto, le reazioni avute, da parte della Santa Sede, alla pubblicazione dei Dubia; reazioni tutt’altro che moderate e prudenti, ma inviperite e, diremmo, quasi violente nelle parole … fanno pensare che la cosa non sia passata in maniera indifferente sulle testi degli albicelesti abitanti della stanze vaticane, ma anzi sia stato da loro accusato il colpo, il duro colpo assestato ai loro piani “revolucionari”. Prova ne sia la reazione irritata del neo-cardinal Fernández (cfr. Jonathan Liedl, Vatican releases Pope Francis’ responses to pre-synod dubia, criticizes cardinals, in Catholic New Agency, 2.10.2023).

A chiarimento dei fatti è utile rilanciare, in questo giorno dedicato al Santo di Assisi, l’intervento del card. Raymond L. Burke al convegno de La Bussola, svoltosi a Roma, presso il teatro Ghione, nel pomeriggio del giorno 3 ottobre 2023.

Bellissimo santino del 1939 fatto stampare dal Commissario Generale del Terz'Ordine Francescano, per il quale fu chiamato un artista apposito, tale Mario Barberis. Il tutto per commemorare l'evento del 18 giugno 1939 allorché Pio XII, a soli tre mesi dall'elezione, su sollecita istanza di molti vescovi, proclamò il Santo di Assisi patrono d'Italia. Fonte

Altro santino stampato per l'occasione dalle Arti Grafiche dei Fratelli Bonetti di Milano su commissione del Segretariato per le Missioni Francescane. S. Francesco, ritto su una mezza colonna, benedice l'Italia, raffigurata dalla famosa allegoria di una regina con la corona turrita e la spada sul fianco. Accanto al Santo vi è il papa Pio XII con la tiara, nell'atto della proclamazione di S. Francesco a Patrono d'Italia. Attorno si vede una folla di persone di varie estrazioni sociali. La scena si svolge a Roma, dal momento che si scorge sullo sfondo, al centro, il Colosseo e l'Altare della Patria sulla destra. Ad essere precisi questo santino risale al XIX anno dell'era fascista e quindi al periodo 29.10.1940-28.10.1941. Fonte







Burke: «La sinodalità contraddice la vera identità della Chiesa»


«Il Sinodo che apre oggi cela un’agenda più politica che ecclesiale e divina. La volontà di modificare la costituzione gerarchica della Chiesa è chiara, con un conseguente indebolimento dell'insegnamento in materia morale. Lo stesso processo usato in Germania».




Pubblichiamo di seguito l’intervento integrale (titolo originale: “La sinodalità contro la vera identità della Chiesa quale comunione gerarchica”) tenuto ieri dal cardinale Raymond Leo Burke al Convegno internazionale “La Babele sinodale”, organizzato dalla Nuova Bussola Quotidiana a Roma, presso il Teatro Ghione.

* * *

Prima di tutto, vorrei ringraziare gli organizzatori di questo convegno, in particolare Riccardo Cascioli, e tutti i collaboratori della Nuova Bussola Quotidiana per averci dato oggi la possibilità di trattare di temi massimamente importanti per tutti noi, perché toccano il Bene più fondamentale della nostra comune Santa Madre, la Chiesa Cattolica, il Corpo Mistico di Cristo che è il solo Salvatore del Mondo. Vorrei ringraziare specialmente padre Gerald Murray e il professore Stefano Fontana per le considerazioni essenziali che ci hanno presentato oggi. Hanno esposto in una maniera molto convincente, smascherato dovrei dire, gli errori filosofici, canonici e teologici molto diffusi oggi riguardo al Sinodo dei Vescovi e la sua imminente sessione intitolata “Per una Chiesa sinodale: Comunione | partecipazione | missione”.

Vorrei subito raccomandare alla vostra lettura il libro di Julio Loredo e José Antonio Ureta, Processo sinodale: Un Vaso di Pandora. 100 domande e 100 risposte (Associazione Tradizione Famiglia Proprietà, Roma, 2023), disponibile in italiano e in molte altre lingue. Lo studio sereno e profondo che sta sotto questo libro è un aiuto preziosissimo nell’affrontare la pervasiva confusione intorno alla sessione del Sinodo dei Vescovi che inizierà domani (oggi 4 ottobre 2023, ndr).

Il professore Fontana ha detto che: «La nuova sinodalità, considerata nelle categorie sue proprie di tempo, prassi e procedura, è il momento conclusivo di un lungo percorso che ha attraversato tutta la modernità». Attirando la nostra attenzione sulle fonti filosofiche della cosiddetta sinodalità, egli smaschera la sua mondanità. Ecco perché nostro Signore Gesù Cristo, che è il solo nostro Salvatore, non sta alla radice e al centro della sinodalità. Ecco perché la natura divina della Chiesa nella sua fondazione e nella sua vita organica e duratura è trascurata e, in verità, dimenticata.

Lo Spirito Santo è molto spesso invocato nella prospettiva del Sinodo. Tutto il processo sinodale si presenta come un’opera dello Spirito Santo che guiderà tutti i membri del Sinodo, ma non c’è neanche una parola sull’obbedienza dovuta alle ispirazioni dello Spirito Santo che sono sempre coerenti con la verità della dottrina perenne e la bontà della disciplina perenne che Egli ha ispirato lungo i secoli. È purtroppo molto chiaro che l’invocazione dello Spirito Santo da parte di alcuni ha per scopo il far andare avanti un’agenda più politica e umana che ecclesiale e divina. L’agenda della Chiesa è unica, cioè la ricerca del Bene comune della Chiesa, cioè la salvezza delle anime, la salus animarum che «in Ecclesia suprema semper lex esse debet»[1].

Il Sinodo sulla “sinodalità” prosegue alcune prospettive diffuse nella Chiesa oggi ed evidenziate pure dalla recente riforma della Curia Romana tracciata dalla Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium. Essa insiste principalmente nell’indicare la missionarietà e sinodalità della Chiesa come gli «attributi», i «tratti essenziali»[2] della vita ecclesiale e sembra far derivare da questa impostazione la struttura della Curia Romana. Ma, come professiamo nel Simbolo della Fede e come è stato insegnato dal Concilio ecumenico Vaticano II nella Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, la Santa Madre Chiesa è nei suoi attributi, nei suoi tratti essenziali, «una, santa, cattolica e apostolica»[3].

La confusione sulla teologia, sulla morale e persino sulla filosofia elementare in cui viviamo è alimentata da una grande mancanza di chiarezza nel vocabolario utilizzato, e questo probabilmente è intenzionale da parte di alcuni. Assistiamo a uno slittamento semantico di alcune parole o espressioni, che rende incomprensibile l’insegnamento della Chiesa su alcuni punti. Potrei citare l’espressione “misericordia di Dio”, per esempio. Ma a volte si introducono o si estremizzano nuove parole senza una chiara definizione, come nel caso della parola sinodalità. In questo caso, con la confusione sui tratti essenziali della Chiesa, c’è il rischio di perdere l’identità della Chiesa, la nostra identità di membri del Corpo Mistico di Cristo, di tralci nella «vite vera» che è Cristo e della quale il Padre eterno «è l’agricoltore»[4].

Nel momento in cui questi concetti diventano centrali e non sono chiaramente definiti, si apre la porta a chiunque voglia interpretarli in modo da rompere con il costante insegnamento della Chiesa su questi temi. Infatti, la storia della Chiesa ci insegna che la risoluzione delle peggiori crisi, come quella ariana, inizia sempre con una grande precisione nel vocabolario e nei concetti utilizzati.

Torniamo ai tratti essenziali della Chiesa proposti nella Praedicate Evangelium per capire meglio in che direzione il Sinodo tende: missionarietà e sinodalità. Si tratta di due attributi in qualche senso conosciuti, ma la loro elevazione a tratti essenziali della Chiesa e, perciò, criteri fondamentali della ristrutturazione della Curia Romana – e ora con questo Sinodo a tutta la Chiesa Universale – si presta ad ambiguità e a equivoci che devono essere riconosciuti e dissipati.

È giusto affermare che tutta la Chiesa è missionaria. Tutti i fedeli sono chiamati, secondo la loro vocazione e le loro doti personali, a dare testimonianza a Cristo nel mondo. Ma nel dare testimonianza a Cristo, i fedeli necessitano dell’incontro con Lui vivo nella Chiesa attraverso la Sacra Tradizione, che è dottrinale, liturgica e disciplinare. Necessitano buoni Pastori – il Romano Pontefice e i Vescovi in comunione con Lui, insieme con i sacerdoti, i principali cooperatori dei Vescovi – che li guidino a Cristo e salvaguardino per loro la vita in Cristo, specialmente per l’insegnamento della sana dottrina e dei buoni costumi, e, in modo più perfetto e completo, per la Sacra Liturgia quale adorazione di Dio «in spirito e verità»[5]. È infatti l’insegnamento della verità e il Culto Divino «in spirito e verità» che fanno crescere la vita in Cristo di ogni fedele e di tutta la Chiesa. Come ci insegna San Paolo, nella Chiesa non siamo più «fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore», ma «agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo»[6].

Secondo il costante insegnamento della Chiesa, Cristo istituì l’Ufficio Petrino perché tutti i Vescovi e, così, tutti i fedeli siano uniti nella fede[7]. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, dichiarò: «Affinché lo stesso episcopato fosse uno e indiviso, [Gesù Cristo] prepose agli altri apostoli il beato Pietro e in lui stabilì il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione»[8]. Così il Concilio definisce l’Ufficio Petrino: «Il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli»[9].

La Curia Romana è lo strumento principale del Romano Pontefice nel suo servizio insostituibile alla Chiesa universale. Secondo le parole dei Padri conciliari: «Nell’esercizio del suo supremo, pieno e immediato potere sopra tutta la Chiesa, il Romano Pontefice si avvale dei dicasteri della Curia Romana, che perciò compiono il loro incarico nel nome e nell’autorità di lui, a vantaggio delle chiese e al servizio dei sacri pastori»[10]. Il Successore di San Pietro, tramite la Curia Romana, aiuta i singoli Vescovi a compiere il loro fondamentale servizio che il Concilio descrive con queste parole: «Tutti i Vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l’unità della fede e la disciplina comune a tutta la Chiesa, istruire i fedeli nell’amore di tutto il corpo mistico di Cristo, specialmente delle membra povere, sofferenti e di quelle che sono perseguitate a causa della giustizia (cf. Mt 5, 10) e, infine, promuovere ogni attività comune a tutta la Chiesa, specialmente nel procurare che la fede cresca e sorga per tutti gli uomini la luce della piena verità»[11].

La missionarietà della Chiesa è il frutto di questa unità di dottrina, liturgia, e disciplina, è frutto del Cristo vivo nella Chiesa, nei membri del Suo Corpo Mistico di cui egli è il Capo. È Cristo solo che è annunziato e predicato a tutte le nazioni perché molti siano battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ecco la missione della Chiesa affidata a lei dal Signore:

«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»[12].

La missione di Cristo è anteriore ad ogni attività missionaria, al tratto di missionarietà. Infatti, la missionarietà è soltanto una manifestazione della presenza viva di Cristo nella Chiesa per fare «discepoli tutti i popoli», Cristo che rimane sempre vivo nella Chiesa «fino alla fine del mondo».

Sinodalità, in quanto termine astratto, è un neologismo nella dottrina sulla Chiesa. È risaputo che il Concilio Vaticano II ha voluto evitare i termini astratti di conciliarità e collegialità, che non si trovano nei testi conciliari. È da presumere che lo stesso Concilio avrebbe voluto evitare un termine astratto come sinodalità, se l’avesse conosciuto.

La tradizione canonica conosce l’istituto del Sinodo quale strumento per dare consigli ai sacri Pastori; non si descrive la Chiesa quale sinodale ma, invece, quale comunione gerarchica[13]. Sono i pastori nella comunione salvaguardata e promossa dall’Ufficio Petrino, cioè la gerarchia, che ha la responsabilità della guida dottrinale, liturgica e morale della Chiesa. Il Sinodo è un aiuto offerto ai pastori affinché loro possano compiere il loro servizio. Esso non può mai sostituire l’ufficio pastorale voluto e istituito da Cristo stesso.

Il Sinodo dei Vescovi si descrive quale «un’assemblea di Vescovi i quali (…) si riuniscono in tempi determinati per favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi, e per prestare aiuto con i loro consigli al Romano Pontefice stesso nella salvaguardia e nell’incremento della fede e dei costumi, nell’osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l’attività della Chiesa nel mondo»[14]. Padre Murray ci ha ricordato la natura del Sinodo dei Vescovi, secondo il citato canone 342 del Codice di Diritto Canonico.

Aggiungerei solo che, in modo simile, il Sinodo Diocesano si descrive quale «l’assemblea di sacerdoti e altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana (…)»[15].

Il sinodo come istituto canonico si riferisce ad un modo solenne dei diversi modi attraverso i quali tutti i fedeli, per la loro vocazione e con le loro doti, assistono i loro sacri Pastori ad adempire le loro responsabilità come veri maestri della fede. Il can. 212 del Codice di Diritto Canonico, avendo la sua fonte originale nell’insegnamento domenicale sulla correzione fraterna[16] provvede le norme che disciplinano il rapporto tra i sacri Pastori e i fedeli nella comunione gerarchica della Chiesa. L’istituto del sinodo, tra questi modi, è straordinario, richiedendo una preparazione lunga e adeguata e una celebrazione ben disciplinata per evitare i malintesi che possano facilmente, specialmente in una cultura del tutto secolarizzata e mondana, rendere il processo sinodale nocivo alla Chiesa.

Vorrei adesso condividere con voi alcune riflessioni che ho esposto ad altri venerabili confratelli del Collegio Cardinalizio, in occasione dell’incontro dei Cardinali, poco più di un anno fa. Riguardano più direttamente la struttura della Curia Romana, ma sono collegate in maniera molto stretta al nostro argomento.

La missionarietà e la sinodalità come qualità, non «attributi» o «tratti essenziali», della vita ecclesiale non cambiano la natura dell’Ufficio Petrino o del servizio prestato dalla Curia Romana al Successore di Pietro quale «principio e (il) fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione». Infatti, presuppongono l’Ufficio Petrino assistito dalla Curia Romana. Alla luce di questo, seguono delle osservazioni.

Primo. La Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium insiste che la Curia Romana «è al servizio del Papa, successore di Pietro, e dei Vescovi, successori degli Apostoli»[17]. Ma il servizio della Curia Romana è al Successore di Pietro. Servendo il Romano Pontefice, la Curia Romana serve anche i Vescovi nel loro rapporto con il Papa. Non è realistico domandare che la Curia Romana serva tutti i Vescovi. Infatti, essi hanno le loro proprie Curie per aiutarli nel compimento delle loro responsabilità di veri pastori. In questo, si deve mantenere chiaro il servizio distinto del Successore di Pietro.

Allo stesso tempo, definire la Curia Romana al servizio dei singoli Vescovi rischierebbe di trasmettere una visione mondana della Chiesa nella quale le Chiese particolari sarebbero filiali o sussidiarie della Chiesa a Roma, tutti serviti dalla stessa Curia Romana. Sarebbe una distorsione del rapporto del Successore di Pietro con i Vescovi.

Secondo. Il termine dicastero, quale termine generico secolare, tratto dal Diritto Romano, per i vari uffici di diversa natura della Curia Romana non esprime sufficientemente l’aspetto della comunione gerarchica coinvolta nel trattamento di questioni dottrinali, liturgiche, educative, missionarie, ecc., e non esprime la reale differenza non di dignità (tutti i dicasteri sono giuridicamente pari), ma di materia e di competenza.

Terzo. Sembra giusto restaurare in qualche forma, almeno nella prossima fase attuativa della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, la Congregazione per la Dottrina della Fede al primo posto fra tutte le Congregazioni della Curia Romana in virtù del suo compito di «aiutare il Romano Pontefice e i Vescovi nell’annuncio del Vangelo in tutto il mondo, promuovendo e tutelando l’integrità della dottrina cattolica sulla fede e la morale, attingendo al deposito della fede e ricercandone anche una sempre più profonda intelligenza di fronte alle nuove questioni»[18].

Quarto. Sarebbe importante, nell’elenco delle qualità richieste agli Officiali e Consultori, mettere in primo luogo la sana dottrina e la coerenza con la sana disciplina della Chiesa[19].

Non mi sembra necessario entrare nel dettaglio per capire che il Sinodo che si aprirà domani (oggi, ndr) non è altro che un prolungamento diretto di ciò che è stato già evidenziato dalla Costituzione Apostolica Predicate Evangelium. È quindi per lo meno singolare dire che non si sa in che direzione andrà il Sinodo, quando è così chiaro che la volontà è quella di modificare profondamente la costituzione gerarchica della Chiesa. Un processo simile è stato adoperato nella Chiesa in Germania per raggiungere lo stesso tanto nocivo scopo.

Viene frequentemente detto che l’insistenza sulla sinodalità della Chiesa non è altro che recuperare una caratteristica ecclesiale sempre osservata dalla Chiesa orientale. Ho contatti regolari con vescovi e sacerdoti orientali, sia cattolici che ortodossi: tutti mi hanno detto che il modo in cui è organizzato il Sinodo non ha nulla a che vedere con i sinodi orientali. Questo vale non solo per il posto dei laici in queste assemblee, ma anche più in generale per il modo in cui operano e persino per le questioni che affrontano. C’è confusione intorno al termine sinodalità, che si cerca artificiosamente di collegare a una pratica orientale, ma che in realtà ha tutte le caratteristiche di un’invenzione recente, soprattutto per quanto riguarda i laici.

Una tale modifica nell’autocomprensione della Chiesa ha per ulteriore conseguenza un indebolimento dell’insegnamento in materia di morale, nonché di disciplina nella Chiesa. Non mi soffermo molto su questi punti, drammaticamente noti a tutti: la teologia morale ha perso tutti i suoi punti di riferimento. È urgente considerare l’atto morale nella sua totalità, e non solo nel suo aspetto soggettivo. Il trentesimo anniversario della pubblicazione di Veritatis Splendor può aiutarci in questo. Accolgo con favore e incoraggio le iniziative che ho visto su questo tema. I comandamenti del Decalogo sono validi e rimarranno validi come lo sono sempre stati in ogni epoca, semplicemente perché sono inerenti alla natura umana.

Visto tutto quello che ho osservato e che stiamo approfondendo nel nostro Convegno di oggi (ieri 3 ottobre, ndr), io, insieme ad quattro altri cardinali, le Loro Eminenze Card. Walter Brandmüller, Card. Juan Sandoval Íñiguez, Card. Robert Sarah e Card. Joseph Zen, ciascuno proveniente da un diverso continente, abbiamo presentato al Sovrano Pontefice, durante l’estate, dei dubia per chiarire un certo numero di punti fondamentali appartenenti al deposito della Fede che oggi vengono messi in discussione, specialmente nel proseguimento della cosiddetta sinodalità. Molti fratelli dell’episcopato e anche del Collegio cardinalizio sostengono questa iniziativa, anche se non sono nella lista ufficiale dei firmatari.

Oggi (ieri, ndr) è apparso un articolo su Il Giornale del vaticanista Fabio Marchese Ragona sui dubia sottoposti a Papa Francesco. Alla fine dell’articolo, egli cita i commenti sui dubia di «due padri sinodali», che ha intervistato. Cito il commento:

«Siamo molto dispiaciuti, i tempi della Chiesa non sono quelli di questi confratelli! Non possono dettare loro l’agenda al Papa, causando peraltro ferite e minando l’unità nella Chiesa. Ma ormai ci siamo abituati: vogliono soltanto colpire Francesco»[20].

Questi commenti rivelano lo stato di confusione, errore, e divisione che permea la sessione del Sinodo dei Vescovi che comincerà domani (oggi, ndr). I cinque dubia trattano esclusivamente la perenne dottrina e disciplina della Chiesa, non un’agenda del Papa. Non trattano dei “tempi” passati. Il linguaggio è molto rivelatore della mondanità della visione. Poi, non trattano della persona del Santo Padre. Infatti, per la loro natura sono un’espressione della dovuta venerazione per l’Ufficio Petrino e il Successore di San Pietro. 

Questi commenti sembrano riflettere un errore fondamentale recentemente espresso dal nuovo Prefetto (card. Víctor Manuel Fernández, ndr) del Dicastero per la Dottrina della Fede in una intervista che egli ha dato a Edward Pentin del National Catholic Register. Durante l’intervista egli ha dichiarato che, oltre al deposito della Fede, il Romano Pontefice ha un «vivo e attivo dono» che risulta in quello che egli definisce «la dottrina del Santo Padre»[21]. In più, egli accusa di eresia e scisma[22] quelli che criticano questa «dottrina del Santo Padre».

Ma la Chiesa non ha mai insegnato che il Romano Pontefice ha un dono speciale per costituire una propria dottrina. Il Santo Padre è il primo maestro del deposito della fede che è in sé stesso sempre vivo e dinamico. Così insegna la Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione, Dei verbum, del Concilio ecumenico Vaticano II:

«La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa. Aderendo ad esso tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera costantemente nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle orazioni (cf. Atti 2, 42 gr.), in modo che nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si crei una singolare unità di spirito tra Vescovi e fedeli»[23].

Si deve riflettere sulla gravità della situazione ecclesiale quando il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede accusa di eresia e scisma quelli che chiedono al Santo Padre di esercitare l’Ufficio Petrino per salvaguardare e promuovere il depositum fidei.

Ci viene detto che la Chiesa che professiamo – in comunione con i nostri antenati nella fede fin dai tempi degli Apostoli – essere una, santa, cattolica e apostolica, deve ora essere definita dalla sinodalità, un termine che non ha storia nella dottrina della Chiesa e per il quale non esiste una definizione ragionevole. Si tratta ovviamente di una costruzione artificiale, più simile a una costruzione umana che alla Chiesa costruita sulla roccia che è Cristo (cfr. 1 Cor 10,4). L’Instrumentum laboris della prossima sessione del Sinodo dei Vescovi contiene certamente affermazioni che si discostano in modo impressionante e grave dall’insegnamento perenne della Chiesa. Prima di tutto, dobbiamo riaffermare pubblicamente la nostra fede. In questo, i vescovi hanno il dovere di confermare i loro fratelli. I vescovi e i cardinali di oggi hanno bisogno di molto coraggio per affrontare i gravi errori che provengono dall’interno della Chiesa stessa. Le pecore dipendono dal coraggio dei pastori che devono proteggerle dal veleno della confusione, dell’errore e della divisione.

Ma vorrei concludere esortandovi alla preghiera per implorare l’aiuto del Cielo contro tutte le potenze, umane e preternaturali, che sognano la distruzione della Chiesa. Non praevalebunt![24] Sappiamo che il bene è sempre tenuto in considerazione agli occhi di Dio e sarà giustamente ricompensato, così come il male sarà punito. Molti giovani ne sono consapevoli e cercano di vivere, con il sostegno dei Sacramenti, un’autentica vita di Fede, Speranza e Carità, cioè una vita sempre più pienamente in Cristo con un cuore sempre più dato, insieme con il Cuore Immacolato di Maria, al Suo Sacratissimo Cuore. Questo è chiaramente il vero futuro della Chiesa, l’unico che porterà veramente frutto (cfr. Mt 7,15-17).

Oggi i buoni cristiani devono essere pronti a subire il martirio bianco dell’incomprensione, del rifiuto e della persecuzione, e talvolta il martirio rosso dello spargimento di sangue, per essere testimoni fedeli di Cristo e Suoi «collaboratori della verità»[25]. Sebbene la confusione attuale sia particolarmente grande, persino storicamente significativa per non dire inedita, non possiamo credere che la situazione sia irreversibile. Come ho appena ricordato, le porte dell’Inferno non prevarranno contro la Chiesa. Il Signore ha promesso di rimanere con noi nella Chiesa «fino alla fine del mondo»[26]. Egli non mente. Egli è sempre fedele alle Sue promesse. Possiamo sempre confidare nel Signore vivo per noi nella Chiesa. E certamente non dobbiamo mai abbandonare il Signore ma rimanere con Lui nella Chiesa che è il Suo Corpo Mistico. Dobbiamo sempre rimanere tralci sicuramente inseriti nella Vite che è Lui. Tuttavia, siamo costretti a constatare che molte anime prendono la strada della perdizione a causa di questa confusione, per cui dobbiamo pregare molto e agire per dissiparla al più presto possibile.

Invochiamo la Beata Vergine Maria, in particolare nel suo Cuore Immacolato, San Giuseppe Protettore della Santa Chiesa, i Santi Apostoli Pietro e Paolo, e tutti i santi, affinché ciascuno di noi rimanga fedele a Cristo e alla Sua Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica, la Santa Romana Chiesa; e affinché la Chiesa stessa, senza macchia né ruga, possa uscire al più presto dall’attuale stato di confusione e divisione per abbreviare questi tempi in cui il rischio di perdizione delle anime è grande. Salus animarum «in Ecclesia suprema semper lex esse debet».

Grazie per la Vostra attenzione. Che Dio benedica Voi e le Vostre case sempre, e che la Vergine Madre di Dio, San Giuseppe, i Santi Pietro e Paolo, e tutti i Santi Vi guidino e Vi salvaguardino la via.


Raymond Leo Card. Burke


NOTE

[1] Can. 1752.

[2] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 811.

[3] «(…) unam, sanctam, catholicam et apostolicam». Sacrosanctum Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Constitutio Dogmatica Lumen gentium de Ecclesia, 21 Novembris 1964, Acta Apostolicae Sedis 57 (1965) 11, n. 8. [LG]. Traduzione italiana: Enchiridion Vaticanum, Vol. 1, Documenti del Concilio Vaticano II (Bologna: Edizioni Dehoniane Bologna, 1981), p. 135, n. 305. [EV1].

[4] Gv 15, 1.

[5] Gv 4, 24.

[6] Ef 4, 14-15.

[7] Cf. Mt 16, 18-19; Lc 22, 31-32; Gv 21, 15-19.

[8] «Ut vero Episcopatus ipse unus et indivisus esset, beatum Petrum ceteris Apostolis praeposuit in ipsoque instituit perpetuum ac visibile unitatis fidei et communionis principium et fundamentum». LG 22, n. 18b. Traduzione italiana: EV1, p. 159, n. 329.

[9] «Romanus Pontifex, ut successor Petri, est unitatis, tum Episcoporum tum fidelium multitudinis, perpetuum ac visibile principium et fundamentum». LG, 27, n. 23a. Traduzione italiana: EV1, p. 169, n. 338.

[10] «In exercenda suprema, plena et immediata potestate in universam Ecclesiam, Romanus Pontifex utitur Romanae Curiae Dicasteriis, quae proinde nomine et auctoritate illius munus suum explent in bonum Ecclesiarum et in servitium Sacrorum Pastorum». Sacrosanctum Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Decretum Christus Dominus de pastorali Episcoporum munere in Ecclesia, 28 Octobris 1965, Acta Apostolicae Sedis 58 (1966) 676, n. 9a. Traduzione italiana: EV1, p. 337, n. 588.

[11] «Debent enim omnes Episcopi promovere et tueri unitatem fidei et disciplinam cunctae Ecclesiae communem, fideles edocere ad amorem totius Corporis mystici Christi, praesertim membrorum pauperum, dolentium et eorum qui persecutionem patiuntur propter iustitiam (cfr. Matth. 5, 10), tandem promovere omnem actuositatem quae toti Ecclesiae communis est, praesertim ut fides incrementum capiat et lux plenae veritatis omnibus hominibus oriatur». LG 27-28, n. 23b. Traduzione italiana: EV1, p. 169, n. 339.

[12] Mt 28, 18-20.

[13] Cf. LG 25, n. 21b. Traduzione italiana: EV1, p. 165, n. 335.

[14] «(…) coetus est Episcoporum qui (…) statutis temporibus una conveniunt ut arctam coniunctionem inter Romanum Pontificem et Episcopos foveant, utque eidem Romano Pontifici ad incolumitatem incrementumque fidei et morum, ad disciplinam ecclesiasticam servandam et firmandam consiliis adiutricem operam praestent, necnon quaestiones ad actionem Ecclesiae in mundo spectantes perpendant». CIC-1983, can. 342. 

[15] «(…) coetus delectorum sacerdotum aliorumque christifidelium Ecclesiae particularis, qui in bonum totius communitatis diocecesanae Episcopo dioecesano adiutricem operam praestant (…)». CIC-1983, can. 460.

[16] Cf. Mt 18, 15-18. 

[17] PE, p. 31, Art. 1.

[18] PE, p. 75, Art. 69.

[19] PE, pp. 38-39, Art. 14, § 3, e Art. 16.

[20] Fabio Marchese Ragona, «Cinque “dubia” sul Sinodo di Francesco. Dalla benedizione ai gay alle donne sacerdote: i cardinali conservatori scuotono il Vaticano», Il Giornale, 3 ottobre 2023, 17.

[21] «living and active gift (…) the doctrine of the Holy Father». Edward Pentin, “Exclusive: Archbishop Fernandez Warns Against Bishops Who Think They Can Judge ‘Doctrine of the Holy Father’”, National Catholic Register, September 11, 2023.

[22] Cfr. ibidem.

[23] «Sacra Traditio et Sacra Scriptura unum verbi Dei sacrum depositum constituunt Ecclesiae commissum, cui adhaerens tota plebs sancta Pastoribus suis adunata in doctrina Apostolorum et communione, fractione panis et orationibus iugiter perseverat (cfr. Act. 2, 42 gr.), ita ut in tradita fide tenenda, exercenda profitendaque singularis fiat Antistitum et fidelium conspiratio». Sacrosanctum Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Constitutio Dogmatica Dei verbum de Divina Revelatione, 28 Novembris 1965, Acta Apostolicae Sedis 58 (1966), 822, n. 10.

[24] Mt 16, 18.

[25] 3 Gv 8.

[26] Mt 28, 20.


Fonte: La nuova bussola quotidiana, 3.10.2023