martedì 30 settembre 2014

Risposarsi a dispetto dei santi

Sull'appassionante tema al centro dell'imminente prossimo Sinodo straordinario si confrontano davvero con argomentazioni interessanti voci diverse, che esaminano la tematica da svariate angolature, sebbene tutte convergenti verso la salvaguardia dell'integra dottrina cattolica.
Propongo su questo blog un nuovo interessante intervento sul tema delle seconde nozze.

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Risposarsi a dispetto dei santi

Domande legittime di un laico cristiano sul nuovo “divorzio concordatario” che i novatori preparano. Rifare la dottrina sarà davvero un atto misericordioso?

di Renzo Puccetti

Benché denso di argomenti meritevoli di ben maggiore considerazione, la discussione sulla possibilità di riammettere al sacramento dell’Eucaristia le persone divorziate risposate ha monopolizzato l’attenzione dei media in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia che il Santo Padre vuole comunque aperto al confronto. Intendo offrire un piccolo contribuito come laico impegnato insieme a tanti altri nella difesa del bene primario della vita e della prosecuzione dell’utero materno, come definì la famiglia il cardinale Ratzinger. Chesterton ammonì che un giorno le spade sarebbero state sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate; quando osservo lo stupro mediatico dell’appellativo così dolce e delicato con cui Gesù si è presentato a una minuta suora polacca, Misericordia, e il martirio a cui viene sottoposta la logica, ho come l’impressione che quel giorno non sia poi così lontano. Non voglio, non posso, non devo dare risposte, ma porre domande sì, quello mi è consentito, anzi è un diritto che mi deriva dal battesimo e ancora prima dalla mia natura umana razionale tenuta in così gran conto da un certo Pietro, primo Papa, che esortava a rispondere riguardo le ragioni della nostra speranza.
Mi pare che una prima questione debba ricevere soluzione nel riflettere sull’argomento: il marito divorziato e risposato secondo la legge civile che desidera ricevere la Comunione, con chi sta avendo rapporti sessuali? Con una donna che per la legge di Dio e della chiesa non è moglie, con una delle due mogli, o con l’unica moglie? Nel primo caso avere rapporti sessuali con una donna diversa dalla moglie significa ancora commettere adulterio o no? In caso affermativo, è ancora vero che il nuovo matrimonio civile accresce la gravità della rottura cristallizzando l’autore in una “condizione di adulterio pubblico e permanente” (CCC 2384)? Se invece si affermasse che ha rapporti con una delle due mogli, dovremmo dedurne che per ragioni “pastorali” si cesserà di indicare la poligamia come grave offesa alla dignità del matrimonio (CCC 2400) in quanto lesiva della sua unità fondata sulle parole di Gesù Cristo, “E i due saranno una carne sola”? Se infine anche per la chiesa egli non fosse più sposato con la prima moglie, perché non ammetterlo a un nuovo matrimonio religioso, inaugurando una sorta di divorzio concordatario rovesciato in cui la chiesa recepisce le decisioni dei giudici civili?
Papa Paolo VI, di cui prossimamente verrà proclamata la beatificazione, riflettendo con l’amico Jean Guitton sulla dottrina della contraccezione osservava: “Un’attenuazione della legge avrebbe per effetto di rimettere in questione la morale, e soprattutto di dimostrare la fallibilità della chiesa […] allora, il cattolicesimo anteriore a Giovanni XXIII apparirebbe […] una chiesa della ‘legge’ impraticabile, da cui io l’avrei liberata, quasi fossi un secondo Paolo. La teologia sarebbe così? la serva della scienza, ancilla scientiae […] per esempio un domani ammetterebbe la procreazione senza paternità: tutto l’edificio della morale verrebbe dissolto, e dopo l’edificio della morale verrebbe scosso l’edificio della fede. Perché l’oggetto della certezza non sarebbe più la rivelazione, ma la più recente scoperta scientifica”.
Mi domando se lo stesso pericolo si stia oggi ripresentando con una diversa forma di servitù, dove la chiesa sarebbe prona alla scienza sociologica o alla legge dei parlamenti e alle sentenze dei giudici: la teologia, anche quella pastorale, deve dunque annichilirsi ad “ancilla iudices”? Ma se così fosse, non si dovrebbe ammettere che ci eravamo sbagliati nel 1974 riconoscendo oggi in Pannella un profeta?
Da molte parti i novatori rassicurano che non vi sarebbe alcun cambio nella dottrina. Dicono infatti che le seconde nozze non sarebbero un sacramento, ma un male che la chiesa dovrebbe tollerare. Giunto a questo punto sono costretto ad ammettere che non riesco a capire: quale sarebbe la natura di questo male? Intrecciare una relazione sessuale da parte di una persona sposata si chiamerebbe ancora adulterio? Continuerebbe a essere un’offesa alla dignità del matrimonio condannata da Gesù anche quando consumata col semplice desiderio (CCC 2380)? Chi ne sarebbe l’autore se non il coniuge divorziato e risposato? E che gravità avrebbe un tale male? Non riguarda materia grave? Non è commesso con piena consapevolezza? E la passione che accompagna pressoché ogni atto umano sarebbe da sola sufficiente per dichiarare l’adulterio un peccato veniale per mancanza di deliberato consenso? In poche parole: l’adulterio continuerebbe a essere un peccato mortale (CCC 1447, 1857)? Le teste cattoliche tagliate da Enrico VIII non erano quelle di martiri, ma di inconsapevoli rigoristi? Oppure, aggiungendo la fattispecie di peccato grave, ma non mortale, si intende introdurre per via “pastorale” la tripartizione del peccato e la dissociazione tra atti concreti e opzione fondamentale rigettata dal magistero di san Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis splendor?
Se, come pare di capire dai resoconti, continuare a negare la Comunione ai divorziati risposati sarebbe il risultato di una mentalità chiusa, dobbiamo considerare l’accusa del Battista a Erode frutto di analoga chiusura? “Il vostro parlare sia: ‘Sì, sì; no, no’; poiché il di più viene dal maligno”, dice il Signore; questa frase mi sembra assai chiusa a creazioni “pastorali”, dunque che farne? Se negare la Comunione ai divorziati risposati significa mettere il peccatore in un buco senza uscita, le ultime parole di Cristo all’adultera, “va e non peccare più”, lungi da essere una liberazione, non finirebbe per essere una condanna inappellabile? E che dire del cavarsi l’occhio e tagliarsi la mano pur di potere entrare nel regno dei cieli? Non è più possibile vivere da eunuchi per la vita e la felicità eterne? Non è possibile chiedere a chi vuole ricevere il corpo e sangue di Cristo di allontanarsi dal nuovo compagno o di vivere come fratello e sorella in presenza di figli? Troppo sessuofobico? Eppure apprendiamo dalla lettera a Diogneto che i primi cristiani avevano in comune la mensa, ma non il letto. Mi domando dove sia dunque finita la radicalità del Vangelo, dove sia la liberazione dalle sovrastrutture e il ritorno alle origini.
L’assoluzione sacramentale e la successiva ricezione dell’Eucaristia comportano che il credente abbia la volontà diretta a impegnarsi nella conversione della vita. Nell’attuale battage mediatico pare esserci una grande assenza: l’appello alla conversione dell’intelligenza, del cuore e della vita a Gesù Cristo. Questo nonostante le prime parole che Gesù pronuncia all’inizio del suo ministero pubblico, nel Vangelo secondo Marco, sono proprio: “Convertitevi”. Viene detto che la Comunione va data perché è Sacramento per portare alla guarigione proprio chi ha più bisogno della Grazia, il peccatore. Capisco, e voglio guardarmi bene dal raccogliere la pietra per lapidare chicchessia, tuttavia non posso trattenermi dal domandare se il peccatore non debba continuare a passare dalla confessione sacramentale prima di accostarsi all’Eucaristia. Avevo imparato da bambino che per potersi accostare alla Mensa Eucaristica si dovesse essere in Grazia di Dio avendo ottenuto il dono del perdono dai peccati dopo avere espresso il pentimento sincero e il proposito di non peccare più. Vorrei capire se per il divorziato risposato tale sequenza la si debba considerare abolita. In tale caso solo per le offese al sesto comandamento o anche agli altri? Perché non si dovrebbe applicare lo stesso criterio al furto, all’omicidio, alla menzogna? Dunque, si può essere morti e ricevere il pane dei forti? Esiste un naufragio privilegiato? In che cosa consisterebbe dunque il sacrilegio eucaristico indicato da san Paolo “Chi riceve il Corpo del Signore indegnamente, mangia la propria condanna” (1 Cor 11, 29)? Si farà un’eccezione per non mettere in imbarazzo i genitori risposati durante la prima Comunione dei figli? La missione della chiesa è portare l’annuncio della salvezza operata dal sacrificio della croce a tutti gli uomini, compreso il più incallito peccatore. M’interrogo se guarire abolendo per legge la malattia salvi davvero, se sottoponendo ogni insegnamento morale oggi indigesto allo stress test cartesiano, “de omnibus dubitandum est”, si potrebbe domani cercare una soluzione “non chiusa” anche per la macina al collo di chi scandalizza i più piccoli e se alla fine del processo di destrutturazione rimarrebbe in piedi qualcosa della stessa fede.
Dal cardinale Ratzinger ho appreso che la struttura della chiesa non è democratica, ma sacramentale, dallo stesso magistero ho appreso che non vi può essere nessuna maggioranza contro i santi, nella chiesa i morti non sono morti, perché nella Comunione dei santi la chiesa supera il presente. Sulla castità coniugale e l’Eucaristia hanno parlato san Paolo, sant’Ambrogio, sant’Agostino, san Giovanni Crisostomo, san Tommaso, sant’Alfonso, san Giovanni Paolo II, schiere di santi e il Santo dei santi, Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo; confido che anche a loro sarà data possibilità di voto.

lunedì 29 settembre 2014

Divorzio e seconde nozze. La cedevole “oikonomia” delle Chiese ortodosse

Al tema delle seconde nozze e della possibilità di ricevere la Comunione avevamo dedicato più pagine: una sintesi sullo status quaestionis l'avevamo tracciata nei giorni scorsi a cui rinviamo. 
A fine maggio scorso, avevamo dato risalto ad un contributo di don Nicola Bux sulle seconde nozze nell'ambito del Cristianesimo orientale.
Quel contributo lo avevamo pubblicato anche in inglese.
Nel giugno scorso, sempre sulla stessa tematica, avevamo dedicato un breve saggio al tema "Seconde nozze, san Teodoro Studita e scisma moechianico".
Oggi, sul tema torna Mons. Cyril Vasil, S.J., insigne canonista, con un interessante saggio, tratto dal libro di prossima uscita per i tipi Cantagalli "Permanere nella verità di Cristo: Matrimonio e Comunione nella Chiesa Cattolica", sul tema riproposto sempre da Sandro Magister e rilanciato anche da Il Foglio del 26.9.2014.



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Divorzio e seconde nozze. La cedevole “oikonomia” delle Chiese ortodosse

Cedevole al prepotere dei tribunali civili, fin dai tempi dell’impero bizantino. Passato e presente della prassi matrimoniale dell’ortodossia nella ricostruzione di un’autorità in materia, l’arcivescovo Cyril Vasil, segretario della congregazione per le Chiese orientali

di Sandro Magister


ROMA, 26 settembre 2014 – L’esempio delle Chiese ortodosse che ammettono le seconde nozze è un argomento su cui fa leva chi vuole superare nella Chiesa cattolica il divieto della comunione ai divorziati risposati, in testa il cardinale Walter Kasper.
Papa Francesco ha dato un notevole impulso a costoro, con la sibillina “parentesi” da lui aperta e chiusa conversando con i giornalisti sull’aereo di ritorno da Rio de Janeiro il 28 luglio 2013:
“Una parentesi: gli ortodossi seguono la teologia dell’economia, come la chiamano, e danno una seconda possibilità [di matrimonio], lo permettono. Credo che questo problema – chiudo la parentesi – si debba studiare nella cornice della pastorale matrimoniale”.
L’idea corrente è che nelle Chiese ortodosse si celebrino sacramentalmente le seconde e anche le terze nozze e si dia la comunione ai divorziati risposati. E questo in continuità con la prassi “di misericordia” della Chiesa dei primi secoli.
Ma la realtà è molto lontana da queste fantasie. Le seconde nozze sono entrate nella prassi delle Chiese orientali in epoca tardiva, verso la fine del primo millennio. E vi sono entrate sotto l’invasiva influenza della legislazione civile, di cui la Chiesa era esecutrice.
In ogni caso, le seconde e le terze nozze non sono mai state considerate un sacramento. Sono consentite in forme diversificate, più o meno larghe, nell’una o nell’altra area dell’ortodossia. Lo scioglimento delle prime nozze è quasi sempre per tali Chiese la semplice trascrizione di una sentenza di divorzio emessa dall’autorità civile.
Le stesse Chiese ortodosse non aiutano a specificare in forma teologicamente e giuridicamente chiara questa loro prassi. Ne è prova la seria difficoltà in cui si trovano nella Chiesa cattolica i pastori alle prese con matrimoni misti, in cui la parte ortodossa proviene da un matrimonio dissolto sia sul piano civile, sia su quello religioso.
A colmare questa lacuna conoscitiva interviene, nel testo riprodotto più sotto, un’autorità in materia, l’arcivescovo Cyril Vasil (nella foto), 49 anni, slovacco di rito greco, gesuita, segretario della congregazione vaticana per le Chiese orientali, già decano della facoltà di diritto canonico presso il Pontificio Istituto Orientale di Roma.
Il testo è un estratto dell’ampio e documentato saggio che Vasil ha dedicato al tema in questo libro a più voci in uscita ai primi di ottobre negli Stati Uniti e in Italia:



Il libro, ideato come contributo al prossimo sinodo sulla famiglia, ha acceso vivaci reazioni a motivo della presenza tra i suoi autori dei cardinali Gerhard L. Müller, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Velasio De Paolis e Carlo Caffarra, tutti severamente critici delle tesi del loro collega Kasper. Il quale ha contrattaccato asserendo che Francesco aveva “concordato” con lui le sue proposte e quindi “il bersaglio delle polemiche non sono io ma il papa”.
Ma mentre i cinque cardinali avevano già esposto le loro posizioni in precedenti interventi – riproposti nel libro per loro esplicita volontà, contrariamente a quanto inventato dai media che tengono bordone alle rimostranze di Kasper –, il saggio di Vasil sul divorzio e le seconde nozze nelle Chiese orientali è una novità assoluta, su una materia tra le meno note e più equivocate, eppure di straordinaria rilevanza e attualità.
Eccone i passaggi salienti.
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SEPARAZIONE, DIVORZIO, SCIOGLIMENTO DEL VINCOLO E SECONDE NOZZE. APPROCCI TEOLOGICI E PRATICI DELLE CHIESE ORTODOSSE

di Cyril Vasil, S.J.

L’influenza del diritto civile romano e bizantino su divorzio e secondo matrimonio

Nell’era pre-cristiana, il diritto romano permetteva il divorzio per due ordini di motivi: per un accordo fra le parti (dissidium) o per il ripudio di una delle parti a causa di una colpa dell’altra (repudium). […]
Il maggior riformatore del diritto romano, l’imperatore Giustiniano i (527-565), volle applicare la sua riforma del diritto matrimoniale alla Chiesa. […] La Novella 117 di Giustiniano era un compromesso fra la tradizione della Chiesa orientale – che consentiva la separazione per adulterio o per entrare in monastero – e il diritto romano che permetteva il divorzio per molti altri motivi.
Si dice spesso che la Chiesa orientale, nel suo desiderio di vivere in armonia con l’autorità civile, abbia fatto molte concessioni, anche a costo di alterare il messaggio evangelico. Si può tuttavia affermare che nel corso del primo millennio anche in oriente la Chiesa aderiva all’assioma di san Girolamo secondo cui “aliae sunt leges Caesarum aliae Christi” (una cosa sono le leggi di Cesare, un’altra quelle di Cristo). […]
Il primo vero cambiamento si ebbe con il Nomocanone in 14 titoli redatto dal patriarca Fozio nell’883, in cui – mentre si affermava l’indissolubilità del matrimonio – si prevedeva anche una lista di motivazioni per il divorzio, nella forma introdotta dalla legislazione di Giustiniano. Il successivo sviluppo dell’impero bizantino rafforzò, da una parte, il ruolo della Chiesa, dall’altra aprì la strada a una sovrapposizione delle due istituzioni, lo stato e la Chiesa. […]
Fino alla fine del IX secolo era ancora possibile contrarre il matrimonio civile, ma dall’anno 895, sulla base della Novella 89 dell’imperatore Leone IV, la Chiesa fu proclamata l’unica istituzione legalmente competente a celebrare i matrimoni. In questo modo, la benedizione sacerdotale divenne una parte necessaria dell’atto civile del matrimonio.
La Chiesa si trovò così a ricoprire il ruolo di garante del matrimonio come istituzione sociale. In conseguenza di ciò, i tribunali ecclesiastici divennero gradualmente – e nel 1086 definitivamente – gli organi competenti in via esclusiva per l’esame dei casi matrimoniali: la Chiesa orientale doveva così conformare il suo esercizio allo Stato e alla legge civile.
Una volta che la legge civile iniziò a consentire il divorzio e i successivi nuovi matrimoni, la Chiesa orientale si trovò dunque obbligata a riconoscere queste pratiche. […]
La successiva diffusione del cristianesimo dal suo centro in Costantinopoli verso territori e nazioni di missione portò con sé anche l’estensione delle pratiche giuridico-disciplinari di questa tradizione, come pure la diffusione dei principi teologici che di tali pratiche costituivano il fondamento.
È per questo che oggi vediamo come le diverse Chiese ortodosse, nonostante siano istituzionalmente e gerarchicamente separate, seguano per lo più i medesimi principi disciplinari e spirituali.

Il divorzio nella Chiesa ortodossa russa

Quando il cristianesimo giunse in Russia dall’antica Bisanzio, le prescrizioni del diritto bizantino riguardo al divorzio vennero incorporate nelle leggi locali, con alcune modifiche attinenti alla situazione russa. […]
Nel cosiddetto periodo sinodale (1721-1917), fu stabilito e precisato dalle autorità statali, in collaborazione con le autorità ecclesiastiche, un numero fisso di giustificazioni per il divorzio. […]
Nel 1917-18 il Concilio panrusso (Vserossijskij Pomestnij Sobor) della Chiesa ortodossa russa adottò una nuova legislazione riguardante i divorzi, in reazione alla legge sovietica laicista […]
il 7 aprile 1918 il Concilio emanò una delibera in cui stabiliva che il matrimonio benedetto dalla Chiesa è indissolubile. Il divorzio, diceva il documento, “è ammesso dalla Chiesa solo per condiscendenza verso l’imperfezione umana e nella cura per la salvezza dell’uomo”, a condizione che ci sia stata una rottura radicale del matrimonio e che la riconciliazione sia impossibile. La decisione di concedere un divorzio ecclesiastico cadeva sotto la competenza dei tribunali ecclesiastici, che agivano su richiesta degli sposi e per ragioni conformi a quelle approvate dal santo sinodo […]
Oggi la Chiesa ortodossa russa ammette quattordici cause di divorzio. […] Dagli studi sui casi concreti di divorzio autorizzati, con decreti o con dichiarazioni, dai vescovi della Chiesa ortodossa russa, non si evince però il metodo seguito nell’investigazione canonica, né si vede chiaramente l’applicazione dei criteri elencati dalla normativa ecclesiastica. Spesso quello che emerge dalla documentazione è semplicemente il decreto ecclesiastico di divorzio, assieme alla richiesta presentata dalle parti interessate, all’attestazione che la coppia non è più convivente e all’indicazione dell’avvenuto divorzio civile. Ed è in base a questi soli dati che vengono consentiti lo scioglimento del matrimonio religioso e la possibilità di risposarsi.

Il divorzio nella Chiesa ortodossa greca

[…] Dal XII secolo in poi, il divorzio è stato recepito nelle leggi canoniche e nella prassi della Chiesa greca. Gradualmente, le cause di divorzio si modellarono sempre più sulla situazione della società. […]
A partire dal XVII secolo, la prassi divorzista divenne più restrittiva […] Alla fine del XVIII secolo, la compilazione di leggi nota come Pedalion permetteva solo una giustificazione per il divorzio, ossia l’adulterio. […]
Sia la moglie che il marito erano scomunicati se divorziavano per qualsiasi altra ragione e se si risposavano. Queste persone erano allora punite canonicamente con sette anni di esclusione dall’eucaristia. Il Pedalion ricordava anche che, in base al Concilio di Cartagine (407), gli sposi che divorziavano per ragioni diverse dall’adulterio si dovevano riconciliare, o non sposarsi più. Il Pedalion fu pubblicato con il consenso del patriarca e divenne il testo più autorevole della Chiesa greca. Non ebbe mai, però, un influsso molto restrittiva sulla pratica del divorzio.
La Grecia ottenne l’indipendenza nel 1832, e le questioni matrimoniali vennero regolate da un decreto regio emanato nel 1835. […] Lo Stato greco riconobbe il carattere sacramentale del matrimonio e affidò le questioni matrimoniali alla competenza della Chiesa ortodossa greca, salvo le questioni dei divorzi, che rimasero attribuite allo Stato. […] Se questo decretava in tribunale il divorzio, il vescovo era allora obbligato dalla legge civile a garantire il “divorzio spirituale”. […]
Il coniuge divorziato – e il cui divorzio civile fosse stato riconosciuto anche dall’autorità ecclesiastica – che voleva poi contrarre un nuovo matrimonio, doveva fare una penitenza (epitimia). E aveva un carattere penitenziale anche il rito della celebrazione del nuovo matrimonio. […]
Un terzo matrimonio veniva concesso solo ai divorziati che avessero compiuto i 40 anni di età e senza prole. A loro però si proibiva di ricevere l’eucaristia per cinque anni. […] Le quarte nozze erano proibite. […]
Nel 1982 si ebbe in Grecia un’ulteriore riforma del diritto di famiglia, che introdusse un’opzione fra matrimonio religioso e matrimonio civile […]
Oggi, per la struttura giudiziaria greca, solo il tribunale civile ha competenza nelle cause di divorzio. Solo dopo che il decreto civile di divorzio è stato emesso è possibile per la Chiesa decidere la concessione del divorzio religioso. La dissoluzione canonica del matrimonio riguarda peraltro solo coloro che hanno contratto un matrimonio canonico e desiderano contrarne un altro. […]
Confrontando ora il divorzio nella Chiesa ortodossa russa e in quella greca, vediamo che le cause di divorzio possono essere divise in tre gruppi:
1. Adulterio e altri atti immorali simili;
2. Situazioni fisiche o giuridiche assimilabili alla morte (irreperibilità, tentato omicidio, malattia insanabile, detenzione, separazione di lunga durata, ecc.);
3. Impossibilità morale di una vita comune (incoraggiamento all’adulterio ecc.).

Procedimenti giuridici nei paesi dotati di “statuti personali”

[…] In Libano, come anche in altri paesi dell’ex-impero ottomano, la vita delle singole comunità cristiane è governata dai cosiddetti statuti personali. In questi statuti personali, le singole Chiese definiscono se stesse e le loro relazioni con le altre comunità ecclesiali. […]
In questo modo le singole Chiese sono “costrette” a definire le ragioni e le condizioni per dichiarare la nullità di un matrimonio, lo scioglimento del vincolo coniugale, la separazione degli sposi con permanenza del vincolo e il divorzio, come anche la possibilità di contrarre un nuovo matrimonio.
Osservando questi approcci alle questioni matrimoniali in varie Chiese ortodosse possiamo concludere che, nella pratica, le Chiese ortodosse adottano o riconoscono, più o meno velatamente, i divorzi civili. […]
Nella prassi attuale, la separazione di lunga durata dei coniugi è considerata equivalente al divorzio, poiché nella teologia ortodossa la vita comune è un elemento essenziale del matrimonio, e il concetto di separazione “manente vinculo”, come applicato dalla Chiesa cattolica, è sconosciuto alle Chiese ortodosse.

Indissolubilità del matrimonio. Esiste una dottrina ortodossa comune?

Nella ricerca di una dottrina ortodossa comune sull’indissolubilità del matrimonio, sul divorzio e sui divorziati risposati, ci troviamo di fronte alla questione se sia effettivamente possibile parlare di tale dottrina comune o di un “magistero” delle Chiese ortodosse. […]
La prima difficoltà che incontriamo è il fatto che in passato furono pochi gli autori ortodossi che tentarono una riflessione teologica approfondita sulla dottrina comune ortodossa. […]
In generale, possiamo dire che sulla base del Vangelo tutti gli autori ortodossi riconoscono istintivamente l’indissolubilità del matrimonio cristiano come un tema centrale, e insegnano questa dottrina agli sposi cristiani come un ideale a cui tendere. […]
In ogni caso, anche se i vescovi ortodossi riconoscono la possibilità del divorzio e delle seconde nozze, li ammettono come un’eccezione che conferma la regola dell’unità del matrimonio e della sua indissolubilità.
Fra gli autori e i vescovi ortodossi non mancano gli oppositori radicali del divorzio. Alcuni di questi autori sostengono l’osservanza completa dell’indissolubilità del matrimonio e l’impossibilità del divorzio per qualsiasi ragione.
Ad esempio, l’arcivescovo russo Ignat8us (per la Chiesa ortodossa russa sant’Ignatius Brianchaninov, 18071867) non permetteva mai il divorzio, nemmeno per l’adulterio.
Più moderati, ma apprezzabilmente contrari al divorzio, sono stati anche l’arcivescovo Iacovos (Coucouzis, 1911-2005), metropolita ortodosso del nord e del sud delle Americhe (1959-1996), che già nel 1966 insistette sul fatto che il divorzio dovesse essere limitato, come pure il patriarca copto Shenouda III (1923-2012), che dopo la sua intronizzazione nel 1971 restrinse le ragioni considerate valide per concedere il divorzio nella Chiesa copta ad una sola: l’adulterio. […]

Considerazioni conclusive

[…] Per il canonista cattolico abituato a ragionare secondo le categorie del diritto processuale matrimoniale è spesso difficile comprendere il fatto che nella Chiesa ortodossa, di per sé, non si parli mai di aspetti procedurali delle cause matrimoniali, né esistano in questa materia avvocati, procuratori, difensori del vincolo, istanze di appello.
Le Chiese ortodosse non hanno praticamente mai elaborato una dottrina chiara dell’indissolubilità del matrimonio, che possa trasferire i criteri del Nuovo Testamento al livello giudiziario. Questo è il fatto chiave che ci permette di capire perché le Chiese ortodosse, anche al livello delle loro autorità più alte, accettino – spesso passivamente – la realtà sociologica. […]

La posizione della Chiesa cattolica

La Chiesa cattolica non riconosce le procedure di scioglimento del legame coniugale e quelle connesse al divorzio per adulterio, nel modo in cui tali procedure sono applicate da varie Chiese ortodosse, né riconosce l’applicazione del principio della “oikonomia” (che in questo caso è considerato contrario alla legge divina), perché queste modalità di scioglimento presuppongono l’intervento di un’autorità ecclesiastica nella rottura di un accordo matrimoniale valido.
Nelle decisioni in questa materia emesse dalle autorità della Chiesa ortodossa, sono generalmente carenti o praticamente sconosciute le distinzioni fra “dichiarazione di nullità”, “annullamento”, “dissoluzione” e “divorzio”, e spesso i motivi sottesi alle decisioni non sono indicati. […]
Molte Chiese ortodosse si limitano semplicemente a ratificare le sentenze di divorzio emanate dai tribunali civili. In altre Chiese ortodosse, ad esempio in Medio Oriente, laddove le autorità ecclesiastiche hanno la competenza esclusiva in materia matrimoniale, le dichiarazioni di scioglimento del matrimonio religioso vengono rilasciate solo applicando il principio della “oikonomia”.
All’inizio di questo saggio ci siamo chiesti se la prassi ortodossa possa rappresentare una via d’uscita per la Chiesa cattolica di fronte all’instabilità crescente dei matrimoni sacramentali, se cioè possa provvedere un approccio pastorale accettabile per quei cattolici i quali, dopo il fallimento del matrimonio sacramentale e il successivo divorzio civile, vogliano contrarre un secondo matrimonio civile.
Prima di rispondere a questa domanda, però, bisogna considerare un’altra questione. Possiamo pensare di risolvere le difficoltà che i matrimoni cristiani devono affrontare nel mondo contemporaneo diminuendo le esigenze dell’indissolubilità? […]
Cristo ha portato il suo nuovo, rivoluzionario messaggio, un messaggio che era controcorrente per il mondo pagano. I suoi discepoli hanno annunciato la sua buona novella, senza timore di presentare obiettivi troppo alti o quasi impossibili per la cultura del tempo. Il mondo di oggi, forse, è analogamente segnato da un neo-paganesimo fatto di consumismo, comodità, egoismo, pieno di nuove crudeltà perpetrate con metodi sempre più moderni e sempre più disumanizzanti. La fede nei principi soprannaturali è ora più che mai umiliata e derisa.
Tutto ciò ci porta a considerare se la “durezza di cuore” possa costituire un argomento sufficiente a oscurare la limpidezza dell’insegnamento evangelico sull’indissolubilità del matrimonio cristiano.
La risposta ai molti dubbi e alle molte domande, alle molte tentazioni di trovare la “scorciatoia” o di “abbassare l’asticella” per quel grande salto esistenziale che uno fa nel grande “contesto” di una vita matrimoniale, in tutta questa confusione di voci contrastanti e distraenti, risuona ancora oggi nelle parole del Signore: “Quello che Dio ha unito l’uomo non separi” (Mc 10, 9).
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Ai primi di ottobre, oltre a “Remaining in the Truth of Christ” da cui è tratto il capitolo dell’arcivescovo Cyril Vasil, l’editrice Ignatius Press pubblicherà anche quest’altro libro sui temi del sinodo, anch’esso critico delle proposte di Kasper a favore della comunione ai divorziati risposati:


Il libro si apre con una battagliera prefazione del cardinale George Pell, prefetto della segreteria vaticana per l’economia, e sarà anch’esso pubblicato in Italia dall’editrice Cantagalli.

Nel sito della Ignatius Press entrambi in libri sono fin d’ora in vendita come e-Book:


La Ignatius Press è stata fondata ed è diretta dal gesuita Joseph D. Fessio, appartenente alla Schülerkreis, il circolo dei discepoli di Joseph Ratzinger teologo.
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Sullo stesso tema di questo servizio www.chiesa ha pubblicato lo scorso 30 maggio un commento del teologo e liturgista Nicola Bux, consultore della congregazione per il culto divino:


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I testi di lavoro in più lingue della prossima sessione del sinodo dei vescovi:



I nomi dei padri sinodali, dei collaboratori, degli uditori e dei “delegati fraterni” che prenderanno parte al sinodo:


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domenica 28 settembre 2014

"Sancte Míchaël Archángele, defénde nos in proélio: ut non pereámus in treméndo judício" (Allel.) - IN DEDICATIONE S. MICHAËLIS ARCHANGELI




Questa festa – Natale basilicæ Angeli in Salaria – ci è indicata dal sacramentario Leoniano e dal Martirologio Geronimiano. Essa è la vera ed originaria solennità romana in onore del Principe delle milizie angeliche, di preferenza a quella dell’8 maggio, che concerne solo il santuario del Monte Gargano nelle Puglie.
La basilica dell’Arcangelo ci è indicata con precisione al VII miglio della via Salaria; anche nella biografia di Leone III essa è chiamata Archangeli basilica in septimo. Questa è menzionata anche nell’Itinerario di Salisburgo: Per eamdem quoque viam venitur ad ecclesiam sancti Michælis, septimo milliario ab Urbe e può essere, per certe ragioni, ritenuta come il più antico e più venerabile santuario romano in onore del santo Arcangelo. Nel Leoniano, cinque messe sono assegnate alla festa di questo giorno in onore di san Michele.
Il Capo delle milizie angeliche divenne molto presto nella liturgia l’Angelo per eccellenza, l’Angelo santo menzionato nel Canone della messa; pure numerosissime chiese dedicate durante il Medioevo a san Michele presero semplicemente il nome di Sant’Angelo.
Molti santuari si elevarono dunque, all’interno della Città eterna, in onore di questo grande difensore della Chiesa di Dio contro gli assalti delle milizie infernali.
Presso la rotonda di Santa Petronilla in Vaticano, si trovava un oratorio dedicato a san Michele (M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, pp. 758-759); un altro, sanctæ Mariæ in monasterio Michælis, è menzionato nella biografia di Leone III (Ibidem, p. 759. L’Armellini suppone sorgesse in Vaticano, ma di cui non sa identificare dove fosse la sua ubicazione. Cfr. C. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze 1927, p. 348), e può essere, forse, facilmente identificato con la chiesa di San Michele in palatiolo o in schola Frisonum (attuale chiesa dei Santi Michele e Magno nel rione Borgo) (Armellini, op. cit., pp. 770-771), ai piedi del Gianicolo, di fronte all’ala destra del grande colonnato del Bernini, che precede la basilica vaticana.
Presso il Patriarchio del Laterano, esisteva l’oratorio del beato Arcangelo, eretto con magnificenza dal papa Leone III (C. Huelsen, op. cit., pp. 388, 58 e 202). Esso si trovava esattamente presso il triclinium di Leone III. L’iscrizione dedicatoria, che diceva Ad honorem Archangelorum Leo Tertius papa fieri iussit, fu ricopiata dal Rasponi (De Basilica et Patriarchio Lateranensi, Roma 1657, p. 10). Da quest’oratorio si trasse il grande ospedale di San Giovanni eretto dal cardinal Giovanni Colonna, verso il 1216. Dal lato del monte Giordano troviamo anche la piccola chiesa di Sant’Angelo de Renizo, più conosciuta oggi sotto il nome di San Giuliano. Vi era anche Sant’Angelo in piscina, Sant’Angelo de augusta, Sant’Angelo in nubibus nel mausoleo di Adriano, Sant’Arcangelo presso Santa Pudenziana, ecc. In generale, i monaci benedettini contribuirono in maniera particolare a diffondere la devozione verso i santi Angeli – essi che, in ragione delle loro magnifiche salmodie liturgiche, sono sulla terra gli imitatori degli Angeli del cielo, tanto che in Oriente lo stato e l’abito monastico sono comunemente onorati del titolo di angelici!
Si comprenderà facilmente l’importanza attribuita dalla liturgia al culto di san Michele, se si riflette sul ruolo principale e sulle funzioni attribuite all’Arcangelo nella lotta contro Satana. La battaglia, impegnata un tempo nel cielo dopo la prima ribellione di Lucifero, non è che un episodio di una guerra lunga e crudele, che continua attraverso i secoli e che costituisco la storia stessa della creazione e della redenzione. Il Verbo di Dio discende sulla terra come il forte ben armato per vendicare l’onore offeso di suo Padre e per porre i suoi nemici a sgabello dei suoi piedi. In questa lotta tra il bene ed il male, in cui alcuna creatura può essere neutrale, vi sono per alleati san Michele ed i suoi Angeli, la Chiesa, i Santi, che combattono sotto i suoi stendardi al grido: Quis ut Deus? Dal lato opposto sono Lucifero ed i suoi angeli, con tutti i loro ausiliari, a cominciare dalle società segrete moderne, dalla massoneria principalmente, le quali tentano di svolgere sulla terra quello che l’Apostolo chiama il mistero d’iniquità, che matura sempre più e che sarà al colmo verso la fine del mondo, prima della parusia finale del Cristo. Tuttavia lo sviluppo di questo piano diabolico di iniquità, a dir di san Paolo, è un po’ ritardato ed impossibilitato adesso, affinché Dio possa, aspettando, svolgere il suo piano di salvezza e di amore. Secondo l’apostolo, ciò che ora impedisce e ritarda i passeggeri trionfi di Satana, è una potenza personale, che i teologi identificano con san Michele o con la Chiesa cattolica. Pur preparandosi alla lotta decisiva e suprema che intraprenderà contro il Cristo alla fine dei secoli, il demonio, per il momento almeno, non può fare tutto ciò che vuole. La Chiesa è protetta dall’invisibile assistenza di Michele e dei suoi Angeli.
Nella tradizione religiosa russa (e non solo) l’arcangelo Michele è sentito come “l’arcistratega”, il condottiero delle schiere celesti nella lotta contro le forze del male.
Patrono di Kiev, “madre delle città russe”, san Michele è raffigurato sulle armature e sugli stemmi della dinastia di Rjurik; lo zar Ivan il Terribile affermava che l’immagine di Michele arcangelo sulle insegne era “il miglior auspicio di vittoria sugli infedeli”.
L'iconografia orientale di san Michele lo rappresenta come saldo difensore nella lotta contro le forze del male nel celebre miracolo di Chonae o Colossae. Narra la tradizione che i pagani volevano distruggere la chiesetta costruita da tale Archippo, un eremita, in onore dell’arcangelo ed a questo scopo convogliarono verso di essa le acque di un fiume in piena, perché la travolgessero. L’arcangelo però, venendo in soccorso del santo monaco, fendette con il suo scettro la terra aprendovi un abisso in cui precipitarono le acque.


Miracolo di Chonae, XII sec., Monastero di S. Caterina, Sinai

Scuola di Novgorod, Miracolo di Chonae, XV sec.


In quest'icona, la composizione è canonica, anche se resa con un gusto descrittivo della natura e dei particolari architettonici ormai vicino alla tradizione occidentale. Una particolarità insolita è data dalla presenza, a sinistra nell’icona dei santi genitori della Madre di Dio, Gioacchino e Anna, che non hanno niente a che vedere con il soggetto dell’icona.
Forse l’iconografo voleva rappresentare in questo modo i santi patroni dei committenti dell’icona e accomunarli nella venerazione dell’arcangelo.


Cristo e due angeli (SS. MIchele e Gabriele), 537-545, mosaico, Bode Museum, Berlino. Dalla chiesa di San Michele in Africisco a Ravenna


Andrej Rublëv, S. Michele, 1410-1420, Galleria Tret'jakov, Mosca

Vitaliy C. Mokrushin, Miracoli di S. Michele, 2008




Marco d'Oggiono, I tre arcangeli, 1516 circa, Pinacoteca di Brera, Milano

Ercole Procaccini il Giovane, S. Michele, XVII sec., collezione privata

Francesco Maffei, S. Michele rovescia Satana, 1656 circa

Anonimo coloniale, S. Michele, XVIII sec., Brigham Young University Museum of Art, Provo, Utah

Autore anonimo, Apparizione di S. Michele all'indio Diego Lázaro il 25 aprile 1631, Santuario de San Miguel del Milagro, Nativitas, Tlax



Autore anonimo, Apparizione di S. Michele all'indio Diego Lázaro, Santuario de San Miguel del Milagro, Nativitas, Tlax

Autore anonimo, Apparizione a Diego Lázaro di S. Michele, che fa sgorgare l'acqua miracolosa, Santuario de San Miguel del Milagro, Nativitas, Tlax

Autore anonimo, Apparizione a Diego Lázaro, XVIII sec., Museo Universitario de la Benemerita Universidad Autonoma de Puebla, Puebla

Autore anonimo, Diego Lázaro infermo per non aver eseguito l'ordine di S. Michele, Santuario de San Miguel del Milagro, Nativitas, Tlax

Luca Giordano, S. Michele sconfigge Lucifero, 1666 circa, Kunsthistorisches Museum, Vienna

Anonimo, S. Michele sconfigge Satana, Chiesa di San Carlo al Corso, Milano

Acislo Antonio Palomino de Castro y Velasco, S. Michele sconfigge ed incatena il diavolo, 1690 circa


Acislo Antonio Palomino de Castro y Velasco, S. Michele sconfigge il diavolo, 1700-14 circa

Nicolas Enriquez, S. Michele sconfigge il demonio, XVIII sec.

Benjamin West, S. Michele incatena il diavolo, 1777, Trinity College, University of Cambridge, Cambridge

Wolfgang Andreas Heindl, S. Michele sconfigge il diavolo, 1730 circa


Vladimir Lukič Borovikovskij, S. Michele respinge Satana negli inferi, 1794, The Museum of Regional Studies, Mogilev

Vladimir Lukič Borovikovskij, Arcangelo S. Michele, 1810-20, Hermitage, San Pietroburgo

Vladimir Lukič Borovikovskij, S. Michele, 1815, Galleria Tret'jakov, Mosca