Sante Messe in rito antico in Puglia

mercoledì 28 agosto 2013

“Sentire una cum Ecclesia”: un momento di riflessione, un punto di incontro.





In seguito alla vicenda del commissariamento dei Frati Francescani dell’Immacolata, il Coordinamento Nazionale del Summorum Pontificum si è attivato presso i suoi aderenti per monitorare la situazione di quei coetus fidelium che potessero in qualche modo risentirne della vicenda.

La Congregazione dei Francescani dell’Immacolata da anni assicura la regolarità della celebrazione nella forma straordinaria a molti fedeli. Un meritevole apostolato fondamentale per la vita spirituale ed ecclesiale di quanti hanno fatto la loro scelta liturgica secondo le opzioni proposte dal Magistero benedettiano.

Nel Decreto di commissariamento  improvvisamente si subordina la libera celebrazione dei riti nella forma straordinaria – concessi da S.S. Benedetto XVI nel Motu Proprio Summorum Pontificum del 2007 – ad un’autorizzazione esplicita da parte dei Superiori.

Questo provvedimento sappiamo potrebbe causare notevoli disagi a quei gruppi del Summorum Pontificum che avevano l’opportunità di appoggiarsi all’apostolato di quei Padri. In alcuni casi si è addirittura parlato di soppressione della celebrazione della S. Messa in EF.

Il Coordinamento ha già inoltrato ai Coordinatori regionali una bozza di lettera affinché  venga diffusa agli interessati e possa, in qualche modo, essere usata dai responsabili di coetus fidelium per sollecitare negli opportuni modi la richiesta di ripresa delle celebrazioni. Chi avesse necessità di averne copia può scrivere a info@summorumpontificum.org

A oggi sappiamo che alcune emergenze sono rientrate risolvendo la situazione direttamente con i Padri preposti alla celebrazione. Altre situazioni rimangono critiche a troveranno da parte del CNSP la massima attenzione e tutto il più fraterno sostegno. Segnalazioni epistolari e telefoniche ci sono giunte da tutta Italia, e anche altre organizzazioni nel mondo legate al Summorum Pontificum ci hanno dimostrato il loro sostegno e osservano con attenzione la vicenda.

E’ stato immediatamente aperto un fronte interlocutorio con le Autorità Vaticane competenti anche attraverso una formale segnalazione scritta nella quale abbiamo manifestato la nostra viva preoccupazione per le possibili conseguenze che possono ricadere sui fedeli.

Crediamo che l’attuale momento di riflessione chiesto alla Congregazione dei Frati Francescani dell’Immacolata sia l’occasione opportuna perché tutta quanta la Chiesa consapevolizzi maggiormente le scelte che essa stessa – nel Suo Capo visibile – fece sei anni fa.

La liturgia nella forma straordinaria è una risorsa – così ci è stato insegnato – ed é imprescindibile non solo per la nuova evangelizzazione ma la riforma stessa della Chiesa che è semper reformanda.

In vicende come queste, pertanto, dobbiamo tutti chinarci a riflettere sulla ricchezza di quel venerabile patrimonio liturgico che la mente di Papa Benedetto ha voluto dischiudere: chi lo comprende e anche chi non lo comprende.

Per gli uni si vedrà come tanta bellezza sia estremamente delicata e quindi meriti maggior impegno nella sua tutela. Per gli altri si vedrà che il Summorum Pontificum é segno profetico di pace. In entrambe in casi l’amore per quell’atto magisteriale é amore per la medesima unità che incarna.

Il Coordinamento non ha grandi mezzi ma sta lavorando perché la libertà di ogni fedele di aderire ad un preciso progetto di vita spirituale attraverso la liturgia venga salvaguardata. Solo in tal modo, come ricorda papa Francesco, saremo anche noi buoni servitori del “sentire cum Ecclesia”.

Certamente, questo “sentire cum” resta il punto di incontro cui tutti dobbiamo convergere e nessuno può dirsi arrivato.

martedì 20 agosto 2013

La chiesa di Civita (CS): un esempio di autentico adeguamento liturgico

di Vito Abbruzzi


(tratto da Bashkë - Insieme, Rivista italo-albanese di cultura e attualità dell’Associazione “Bashkë” - Insieme di Plataci, numero di Giugno - Luglio 2013, p. 2).

Nell’estate dello scorso anno ho piacevolmente trascorso con la mia famiglia qualche giorno di vacanza a Civita (CS), amena cittadina a 450 m. sul livello del mare, nella incantevole cornice del Parco Nazionale del Pollino. Lì il tempo scorre, ma senza la frenesia delle nostre città, riassaporando il gusto per le cose semplici, che vanno in decisa controtendenza ai nostri stili di vita.
Civita, poi, merita un discorso a parte, per le sue pregevolezze paesaggistiche ed artistiche: sorge sopra le suggestive gole del Raganello ed è circondata da “montagne verdi e rocciose dalle modellazioni variegate ad aperture visuali verso il mare Jonio”; offre al visitatore delle originalità difficilmente riscontrabili altrove, a motivo delle sua marcata identità albanese, fedelmente conservata da oltre cinquecento anni e nella lingua (chiamata arbëresh, l’antico albanese) e nella “Divina Liturgia”: in tutto e per tutto simile a quella greco-ortodossa, sebbene di fede cattolica. Gli abitanti di Civita (Çifti), infatti, non senza orgoglio, amano definire la loro piccola ma tenace comunità italo-albanese (katund arbëresh) “luogo di spiritualità bizantina”. Ed invero è così! Lo si capisce non solo dalle tradizioni religiose che i Civitesi hanno conservato inalterate sino ai giorni nostri, ma anche e soprattutto dalla unica e suggestiva chiesa parrocchiale del paese, dedicata a Santa Maria Assunta: una seicentesca costruzione imponente, ma dai volumi semplici, a struttura basilicale, illuminata da ampie finestre in vetri policromi. Ciò che stupisce e suscita ammirazione sono gli adattamenti strutturali dell’edificio sacro negli anni ’90 del secolo scorso: adattamenti che hanno permesso il suo adeguamento al culto di rito bizantino-greco in uso a Civita. Questi adattamenti hanno riguardato: pavimento, copertura, intonaci, decorazione interna, altare, iconostasi. Si è voluto accrescere, così, lo splendore della chiesa, giacché, secondo gli Orientali, “lo splendore suscita lo stupore, che, a sua volta, spinge a dare lode al Signore per le sue grandi mirabilia”. E ciò grazie alla perizia dell’iconografo bizantino, che, “con il fine linguaggio pittorico antico, ma sempre nuovo, ha espresso il mondo invisibile della fede in forme più comprensibili all’intelligenza ed al cuore dell’uomo”.
Bisogna dire che questi adeguamenti sono stati anche favoriti da vari furti di cui la chiesa parrocchiale di Civita è stata fatta oggetto negli anni passati; furti che l’hanno spogliata di statue e dipinti, sapientemente rimpiazzati da icone, affreschi e mosaici di fine gusto bizantino. Proprio vera la frase paolina: “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5, 20). 

Non così, ahimé!, in casa nostra dove “quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini”. Mi riferisco ai Barberini dei giorni nostri: architetti da strapazzo che, in nome dell’essenzialità, offendono l’Arte (tanto sacra che profana) con il loro stolido gusto minimalista. Ragion per cui si può perdonare ai responsabili del restauro della chiesa di Civita la discutibile scelta di demolire il “vecchio altare latino centrale barocco, risalente all’epoca della edificazione della Chiesa, in muratura”, perché secondo loro – ma non secondo altri – “di scarso valore artistico”. Al suo posto, invece, “è stata innalzata una elegante Iconostasi”, in perfetta simbiosi con “i motivi decorativi barocchi della Chiesa”, oltre cui si “apre lo spazio dell’abside, cuore della Sacralità e del Mistero”. E qui il pensiero va inevitabilmente alle nostre chiese barocche o tardobarocche o, comunque, edificate prima del Concilio Vaticano II, private delle artistiche e simboliche balaustre, che, come ha giustamente scritto l’architetto Andrea De Meo, costituiscono “argine del sacro” (vedi Il Timone, maggio 2012, p. 47). “Le balaustre, infatti, non furono che l’ultima mutazione di quegli elementi separatori che assunsero di volta in volta la forma della transenna lapidea, della tenda, del cancello e dell’iconostasi” (ivi).
Spero che la chiesa di Santa Maria Assunta di Civita rappresenti un valido e magistrale esempio per i tanti che, per ignoranza e presunzione, spogliano le nostre chiese antiche di tutti quegli elementi artistici ed architettonici che rimandano al Sacro. Il problema, lo denunciava già tanti anni fa l’abate benedettino Don Emanuele Caronti, è che “i preti non hanno gusto e gli artisti non hanno fede”. Proprio per questa assenza di gusto e di fede ci ritroviamo oggi chiese edificate o restaurate allo scopo di essere spazi funzionali per eventi che non siano solo cultuali, ma anche concertistici, teatrali, convegnistici e, financo conviviali. Poi non lamentiamoci se la gente ci crede sempre meno, disertando le funzioni religiose, che molto ormai hanno di profano; e seriamente chiediamoci: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 8). Spero tanto di sì. 

domenica 11 agosto 2013

"Arte sacra - Arte religiosa" da Papa Paolo VI a Papa Benedetto XVI

Arch. Angelo La Notte

In un momento storico di grande confusione intellettuale e culturale dove la propria opinione e interpretazione dei termini si confonde con quei punti che restano i capisaldi della corretta lettura che distingue da sempre l’arte religiosa dall’arte sacra, mi è sembrato opportuno riportare una sintesi degli interventi, riguardanti la materia, che vanno da Papa Paolo VI a Papa Benedetto XVI.

Papa Paolo VI scriveva: “(…), l’arte sacra si trova davanti al problema di esprimere l’ineffabile”;
- Nel 1973, nel discorso di inaugurazione del museo di arte religiosa moderna, afferma ulteriormente la sua riflessione distinguendo tra arte sacra e arte religiosa.
Se la prima ha una precisa connotazione di ruolo e di funzione perché è destinata a qualificare il culto divino; la seconda offre all’artista uno spettro di possibilità operative virtualmente infinito. Tutto ciò che esprime una spiritualità (stupore davanti al miracolo della vita, della natura, culto degli affetti, ascolto e riflessione difronte ai supremi interrogativi della vita, della morte, dell’assoluto e dell’altrove) può essere argomento di arte religiosa.

- Il Cardinale Joseph Ratzinger nell’” Introduzione alla Spirito della Liturgia”.
“(…) Resta però una differenza tra l’arte sacra (quella che si riferisce alla liturgia, che appartiene all’ambito ecclesiastico) e l’arte religiosa in generale.
Nell’arte sacra non c’è spazio per l’arbitrarietà pura le forme artistiche che negano la presenza del logos nella realtà e fissano l’attenzione dell’uomo sull’apparenza sensibile, non sono conciliabili con il senso dell’immagine nella chiesa. Dalla soggettività isolata non può venire alcuna arte sacra. Essa suppone piuttosto che il soggetto interiormente formato dalla chiesa e aperto verso il noi. Solo così l’arte rende visibile la fede comune e torna a parlare ai cuori credenti.
La libertà dell’arte, che deve esserci anche nell’ambito delimitato dell’arte sacra, non coincide con l’arbitrarietà”.
- Dichiarazione che pone dei punti fermi, ristabilendo equilibri messi in discussione da quanto Papa Paolo VI dichiarava nel discorso agli artisti tenutosi nella Cappella Sistina il 7 Maggio 1964, dove veniva affermata la libertà dell’artista e il rispetto per la forza innovativa dei linguaggi espressivi: “(…) l’artista ha la missione, di rendere visibile nella pienezza della sua libertà espressiva e quindi nell’esercizio delle sue responsabilità di creatore, ciò che è trascendente, inesprimibile, ineffabile”.

Mentre il Cardinal Ratzinger sottolinea che senza fede non c’è arte adeguata alla liturgia. 
L’arte sacra si trova sotto l’imperativo della seconda lettera ai corinzi: “…Guardando a Cristo, noi “veniamo” trasformati nella Sua immagine, di gloria in gloria, mediante lo spirito del Signore” (3, 18).
“ (…) l’arte…è sempre un dono. L’ispirazione non la si può decidere, la si riceve gratuitamente…presuppone il dono di una nuova visione.
Per questo tutti noi dovremmo essere preoccupati di giungere nuovamente a una fede capace di vedere, dove questo avviene, anche l’arte trova la sua giusta espressione”.

Quattro sono i punti indicati nel testo del Cardinal Ratzinger che ritengo siano fondamentali per comprendere l’arte sacra:
1) La totale assenza di immagini non è conciliabile con la fede nell’incarnazione di Dio…Le immagini del bello, in cui si rende visibile il mistero del Dio invisibile sono parte integrante del culto cristiano.
2) L’arte sacra trova i suoi contenuti nelle immagini della storia della salvezza, a cominciare dalla creazione e dal primo giorno fino all’ottavo.
3) Le immagini della storia di Dio con gli uomini non mostrano solo una sequenza di eventi passati, ma fanno veder in essi l’unità interiore dell’agire di Dio. Esse rimandano al Sacramento e soprattutto al Battesimo a all’Eucaristia…quindi,…strettamente e intimamente legate all’azione liturgica. La storia diventa sacramento in Gesù che è la fonte dei sacramenti.
4) L’immagine di Cristo e le immagini dei santi non sono delle fotografia. La loro essenza è quella di condurre al disopra di ciò che è puramente constatabile sul piano materiale e di insegnare un nuovo modo di vedere, che percepisca l’invisibile dentro il visibile. La sacralità dell’immagine consiste proprio nel fatto che proviene da una visione interiore e proprio per questo conduce, a sua volta, a una visione interiore.

- Lettera agli artisti di Papa Giovanni Paolo II del 1999.
Si rivolge a coloro i quali Dio ha dato il compito di essere “artefici”, ma anche “creatori” essi stessi, tanto che è vero che “nella creazione artistica” l’uomo si rivela più che mai “immagine di Dio”, e realizza questo compito prima di tutto plasmando la stupenda “materia” della propria umanità e poi esercitando un dominio creativo sull’universo che lo circonda.
L’artista Divino, con amorevole condiscendenza, trasmette una scintilla della sua trascendente sapienza all’artista umano, chiamandolo a condividere la sua potenza creatrice. E ovviamente una partecipazione, che lascia intatta l’infinita distanza tra il Creatore e la creatura”.
“…L’artista, infatti, quando plasma un capolavoro, non soltanto chiama in vita la sua opera, ma per mezzo di essa, in un certo modo, svela anche la propria personalità. Nell’arte egli trova una dimensione nuova e uno straordinario canale d’espressione per la sua crescita spirituale”.

- Papa Benedetto XVI nel discorso agli artisti tenutosi nella Cappella Sistina nell’anno 2009:
Arte sacra: “…L’autentica bellezza, schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo del conoscere, di amare, di andare verso l’altro, verso l’oltre di sé. Se accettiamo che la bellezza ci tocchi intimamente, ci ferisca, ci apra gli occhi, allora riscopriamo la gioia della visione, della capacità di cogliere il senso profondo del nostro esistere, il mistero di cui siamo parte e da cui possiamo attingere la pienezza, la felicità, la passione dell’impeto quotidiano”.
Arte religiosa: “…Le creazioni artistiche, proprio per la loro caratteristica di aprire e allargare gli orizzonti della coscienza umana, di rimandarla oltre se stessa, di affacciarla sull’abisso dell’infinito, può diventare una via verso il trascendente, verso il mistero ultimo, verso Dio. L’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i grandi interrogativi dell’esistenza, con i temi fondamentali da cui deriva il senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di spiritualità…”.


- SINTESI:
Papa Paolo VI definì gli artisti “CUSTODI DELLA BELLEZZA”;
Papa Giovanni Paolo II rivolse la sua lettera “ a quanti, con appassionata dedizione, cercano nuove “epifanie” della bellezza”;
Papa Benedetto XVI, sviscerando una teologia della bellezza, suggerisce che “la via della bellezza ci conduce a cogliere il tutto nel frammento, l’infinito nel finito, Dio nella storia dell’umanità”, tanto più che, citando Hermann Hesse, “l’arte significa, dentro a ogni cosa mostrare Dio”.

sabato 3 agosto 2013

Comunicato stampa del Coordinamento Nazionale del Summorum Pontificum

Foto dal web

Il Coordinamento Nazionale del Summorum Pontificum (CNSP) preso atto con filiale rispetto del particolare momento di riflessione chiesto dalla Sede Apostolica alla Congregazione dei Frati Francescani dell'Immacolata, volendo evitare ogni indebito giudizio in questioni interne ad un Istituto Religioso di diritto pontificio, esprime, tuttavia, viva preoccupazione che le nuove disposizioni relative alla celebrazione della forma straordinaria del rito romano da parte dei RR. Padri della Congregazione possano in qualche modo privare numerosi coetus fidelium del prezioso servizio liturgico sin qui loro assicurato.

Una simile circostanza rischierebbe, in concreto, di ostacolare l’esercizio di un diritto dei fedeli - riconosciuto e regolato dalle norme generali del Motu Proprio Summorum Pontificum e dall'Istruzione Universae Ecclesiae - a suo tempo disposto dalla mente di S.S. Benedetto XVI a maggior gloria di Dio e a santificazione del Suo Popolo, "discordiam vitando et totius Ecclesiae unitatem fovendo" (SP - art. 5, § 1).

Il CNSP confida, pertanto, che gli Ecc.mi Vescovi e le altre Autorità Ecclesiastiche competenti vogliano provvedere con paterna sollecitudine ad assicurare la regolarità delle celebrazioni delle SS. Messe nella forma straordinaria e in particolare per quei coetus fidelium finora affidati al fecondo apostolato della Congregazione dei Frati Francescani dell'Immacolata, affinché tutti i fedeli che lo desiderano possano continuare a vivere la loro Fede secondo il ritmo della forma straordinaria della Sacra Liturgia, in un vero sentire cum Ecclesia.

Per sostenere questo impegno, il Coordinamento invita ad elevare fervide preghiere alla SS.ma Vergine Maria Immacolata perché i tanti coetus fidelium che si stanno costituendo ricevano sempre l'attenta cura pastorale dei loro Ordinari e il Motu Proprio sia pienamente applicato in ogni diocesi.

Piacenza, 30 Luglio 2013.

Per il Coordinamento Nazionale del Summorum Pontificum
Emanuele Fiocchi
Portavoce Nazionale